Il silenzio dei telegrafi dopo il terremoto del 1908 che distrusse le coste calabre-peloritane
di Maria Lombardo
Quello che vi sto per raccontare in questo pezzo è davvero qualcosa che lascia sgomenti quasi annichiliti. Eppure è successo! Ho atteso fino ad oggi prima di presentare ai miei lettori un pezzo adeguato e che rispetti il mio stile sulle celebrazioni del sisma del 1908, non intendo in questa sede raccontarvi del cataclisma che colpì “Scilla e Cariddi” del quale conosciamo tutto, ma delle precarie condizioni comunicative che ritardarono i soccorsi. Fra i danni di vitale importanza ci furono le linee del telegrafo! Un solo modo circa 107 anni fa di potersi allacciare con l’Italia purtroppo nel raggio di 80 km da Reggio e Messina nessun telegrafo funzionava e le notizie ufficiali giunsero a Roma solo nel pomeriggio inoltrato. Altro modo in real time era a quel tempo difficile da avere, se non in fase embrionale e quindi davvero molto insicuro. Sembrava una mattinata qualunque a Palazzo Braschi dove risiedeva il governo, forse una mattinata baciata dal sole nello Stretto di Messina. Invece le sponde dell’antica Scilla e Cariddi vissero un nuovo terremoto come nel 1783, dove in quell’occasione le due sponde vennero distrutte dalla forza tellurica e dallo tsunami. Per onestà intellettuale il telegramma di Nicotera Marina non fu il primo a giungere a Palazzo Braschi. Intorno alle alle 10,30 da circa 170 km dal luogo del sisma parte il primo avviso. Fu il Sindaco di Martirano che spedì un telegramma che fu portato nelle mani di Giolitti solo alle ore 14,10. Tempestivamente il centro di Martirano cominciò ad inviare i primi aiuti con in testa il primo cittadino. Nel telegramma del sindaco, il primo a giungere dall’area colpita, ci fu spazio anche per una certa polemica: “Urgentissimo da Martirano 28.12 ore 10,30 (Giunto nelle mani dell’On Giolitti alle 14,10).Precedenza assoluta a ministero interni Roma. Violentissima scossa di terremoto ore 5,25 che ha finito di rovinare gli ultimi ruderi avanzati flagello1905. Ha gittato nel massimo sconforto panico la popolazione la quale fra tanto lusso di leggi non ancora per indolenza burocratica italiana può vederne attuata alcuna suo profitto. Aspetta da due anni assetto nuova Martirano cui prestano grande interessamento re e ministri e si augura che benefici effetti millantate buone disposizioni governative non abbiano per ripetersi dei terremoti a giungersi come il soccorso di Pisa. Sindaco De Medici”.Stizzito il Sindaco di Martirano ma anche in preda al panico in pochi anni la Calabria fu colpita da grossi sismi, gli interventi lenti i soldi centellinati sollecitò a modo suo! L’ON.Giolitti si infuriò leggendo l’atto di verità del Sindaco Calabrese, si accapigliò a questa “bravata” tanto da inviargli dura risposta ancora ignaro dell’estrema gravità. La risposta telegrafica al prefetto di Catanzaro fu la seguente:” Voglia Vostra Signoria rivolgere Sindaco di Martirano severo richiamo per telegramma sconveniente da lui diretto questo ministero e vedere se sia il caso di adottare rigorose misure. Non intendo tollerare che nuovo infortunio serva da pretesto per ingiuste e indecorose recriminazioni verso governo. Ministro Giolitti.” Certamente il Giolitti avrebbe potuto e dovuto dar ragione al Sindaco di Martirano le cose stavano proprio come diceva lui, tanto è vero che se il Governo avesse fatto il suo dovere probabilmente le notizie sarebbero anche giunte per tempo! Bisognerà aspettare le 17;35 quando il telegramma n° 30.504 giungerà nella mani dell’on.Giolitti a firma del Comandante Belleni della torpediniera Spica. La nave giunse nella località vibonese di Nicotera Marina(VV) a 80 km da Reggio. Nicotera come Tropea e Scalea vissero lo tsunami in forma marginale con qualche piccola inondazione. I veri disagi li spiega Saverio di Bella nel libro Le terre bianche di Rombiolo::”danneggiamenti pesanti l’ebbe il villaggio di Comerconi di Nicotera da non potersi più abitare”. La torpediniera del Bellini, sostava quella mattina nello stretto e assistette inerme al cataclisma, così risalendo in fretta la costa calabra partì per lanciare i soccorsi. Il telegramma fu inviato alle 14:50 (ben 9 ore più tardi) e recitava così: “Ore 5,20 terremoto distrusse buona parte Messina-Giudico morti molte centinai-case crollate sgombro macerie insufficienti mezzi locali-urgono soccorsi per sgombro vettovagliamento assistenza feriti-ogni aiuto sarà insufficiente”.Congiutture dei drammi quel telegramma giunse a Roma 5 ore dopo forse perchè le linee telegrafiche a Nord di Nicotera erano danneggiate, purtroppo fino ad oggi non si è stato in grado di capirlo. Analogo telegramma viene inviato alla Marina:”« Oggi la nave torpediniera Spica, da Marina di Nicotera, ha trasmesso alle ore 17,25 un telegramma in cui si dice che buona parte della città di Messina è distrutta. Vi sono molti morti e parecchie centinaia di case crollate. È spaventevole dover provvedere allo sgombero delle macerie, poiché i mezzi locali sono insufficienti. Urgono soccorsi, vettovagliamenti, assistenza ai feriti. Ogni aiuto è inadeguato alla gravità del disastro. Il comandante Passino è morto sotto le macerie”. Giungerà a Roma alle 18,50 un altro telegramma simile da Milazzo(ME), 40 km di strada da Messina, il messaggio inviato dal comandante della torpediera Piemonte, delineerà definitivamente anche nella capitale la tragedia avvenuta. Erano trascorse ben 12 ore!
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