Acerenthia, (KR) un borgo abbandonato

di Maria Lombardo
Questa settimana mi sto occupando dei borghi abbandonati disseminati per la nostra Regione, a colpirmi maggiormente è Acerenthia oggi Cerenzia in provincia di Crotone. Fu in passato una grande e gloriosa città bizantina Acerenthia, Acherontia o Geruntia: sul suo nome e sulle sue origini storia e leggenda si confondono, conferendole un particolare fascino di mistero. Mi colpiscono i maestosi ruderi tra cui spiccano, in particolare, un edificio sacro in gran parte conservato e, in posizione eminente, i corposi resti di una struttura più elaborata identificata come il «Vescovato». Un grosso agglomerato urbano colpito nel corso dei secoli da una lunga carrellata di eventi sociali e climatici che provocarono uno stillicidio. Fondata secondo alcuni dagli Enotri, secondo altri dal mitico Filottete, l’urbe era cinta da altissime mura naturali e dominava, così come domina tuttora, la vallata del fiume Lese, un tempo forse chiamato Acheronte, da cui ne deriverebbe l’etimologia. Il periodo che colpisce di più è senza ombra di dubbio quello in cui il borgo fu Vescovado possedeva ben 7 chiese e settemila abitanti: nei momenti di splendore Acerenthia doveva essere veramente un vivace e animato centro urbano. Acerenthia era rumorosa lo conferma il fatto che nel 1189 Gioacchino da Fiore scartò la valle del Lese per edificare la sua abbazia. Conquistata da Ruggero perchè volle punire il suo signore per la sua reiterata disubbidienza. La chiesa di Cerenzia, dedicata anticamente a S. Leone e successivamente a S. Teodoro di Amasea, aveva il titolo di Basilica Cattedrale, non a caso 7 dei vescovi che ressero questa diocesi nacquero nel borgo. Cedimenti continui delle strutture murarie, difficoltà di approvvigionamento di acqua potabile, malaria e terremoti, costrinsero gli abitanti ad un esodo progressivo. Nel 1528 una pestilenza terribile decimò la popolazione fino ad arrivare al terremoto del 1783 che le inflisse un duro colpo. La città subì grossi danni case distrutte edifici pubblici difficilmente ripristinabili. Inoltre nel 1860 la popolazione di questo borgo fu costretta ad un’abbandono definitivo ed il trasferimento nel sito attuale. Era la malaria ad arrecare danno, la popolazione diminuì drasticamente ormai era difficile vivere lì. L’attuale borgo, rinominato Cerenzia, sorge di poco più distante dal primo insediamento. Il rapporto dei cerentinesi con la loro antica città non si è mai interrotto: la visita ai resti della città morta è un continuo pellegrinaggio, che in occasione della festa dell’Ecce Homo, diventa una vera e propria processione di tutto il paese. Tantissime sono però le suppellettili ammirate nella Chiesa dedicata al Patrono S. Teodoro, possiamo ammirare un Crocifisso ligneo del 1700; una Croce processionale d’argento, proveniente dalla Cattedrale di Cerenzia Vecchia; una campana con croce greca datata 1545 ed altra datata 1780. Nella piazza principale del paese un artistico bassorilievo in bronzo del Treccani e’ dedicato alle raccoglitrici di olive di Cerenzia che da secoli si dedicano a questo duro lavoro. Effettivamente il lavoro della terra è alla base dell’economia del borgo, oggi Cerenzia è detta Città dell’olio poiché il riconoscimento D.O.P per l’enorma qualità del prodotto.Tra o prodotti tipici alimentari prodotti da aziende agricole locali troviamo: Olio, Vino, Salumi. Il piatto tipico è la «Sauza» composta da fave, pane grattugiato, aceto, formaggio. Salviamolo!

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