Giangurgolo la nostra maschera calabrese!

di Maria Lombardo

Questa è la nostra maschera tradizionale assieme a Beppe Nappa. Giangurgolo deriva da Gianni Boccalarga o Gianni Golapiena, persona insomma che ama le chiacchere ed il cibo. La convivialità calabrese! Purtroppo ha una nascita incerta alcuni vogliono che la nostra maschera sia nativa di Napoli. Dalla Capitale poi approdò a Reggio per mettere in ridicolo le persone che imitavano i cavalieri siciliani “spagnoleggianti”, infatti quando la Sicilia passò ai Savoia vi fu un flusso di nobili decaduti in Calabria. Fu proprio a loro che affidarono questa maschera. Nel mondo dell’arte fu presa molto in considerazione. Ha un naso enorme e una spada altrettanto smisurata che pende su un fianco, indossa un alto cappello a cono, un corpetto stretto e soprattutto i pantaloni a sbuffo a strisce gialle e rosse, particolare significativo che riproduce i colori d’Aragona. Giangurgolo, convenzionalmente, porta sul volto una maschera rossa arricchita da una naso di cartone, sul capo un cappello a cono.Indossa un colletto alla spagnola arricciato, un corpetto a righe rosse e gialle, calzoni sempre rossi e gialli fin sotto il ginocchio, calze bianche o, ancora, rosse e gialle ed un cinturone al quale è appesa una lunga spada che usa reiteratamente con chi è più debole ma che resta puntualmente penzoloni di fronte a chi potrebbe suonargliele.La maschera dunque rappresenta uno scherzo della città verso i dominatori aragonesi e spagnoli. Inoltre a parlare di questa nostra maschera fu anche Saint-Non descrive i dintorni di Reggio in cui vi è “Giangurgolo”. Zanni che nel nostro dialetto è usato nel genere Fari Zannu (fare uno scherzo). A Reggio “Facc’i’Maccu” (Faccia di Macco) ancora in uso in città, che deriva dal personaggio Maccus, il servo sciocco della commedia Plautina,molto simile al servo sciocco interpretato da molti Zanni della Commedia dell’Arte. Gurgoli poi bocca larga insomma ingordo! In realtà la nostra maschera non fa altro che fare caricature, ridicolizzare, gli inutili eroi bravi a parole e non nei fatti. Giangurgolo era protagonista sui palcoscenici dei teatri sei e settecenteschi tanto quanto lo era in strada, un pezzo di teatro fatto per strada dove è protagonista Giangurgolo, uno Zanni con il lungo cappello e la spada. Altre origini lo vogliono nato a Catanzaro con caratteristica di ingordigia. La sua storia inizia nel convento delle Suore di Santa Maria della Stella, dove nacque il 24 giugno 1596. Il nome deriverebbe da Giovanni, in onore del Santo del giorno del suo ritrovamento. La leggenda narra che nei boschi egli cerca di salvare uno spagnolo aggredito da briganti, che nonostante tutto muore. In segno di riconoscenza però in punto di morte nomina Giovanni suo erede, consegnandogli, oltre alle sue ricchezze, una lettera che contiene il modo per salvare la città. Allora Giovanni tramuta il suo nome in Alonso Pedro Juan Gurgolos, in onore dello spagnolo, ed inizia la sua personale lotta contro l’occupazione spagnola. Giovanni si organizza con un carrozzone da teatro col quale, insieme ad alcuni suoi amici, propone spettacoli satirici incitando il popolo alla rivolta. Una condanna a morte lo costringerà a trasferirsi in Spagna, ma successivamente, tornato a Catanzaro, ritrova l’amico di teatro Marco, malato di peste, e per un abbraccio tra i due la malattia viene trasmessa anche a Giangurgolo che muore. A Catanzaro Giangargulo è una persona ricca, spavalda colui che vuole rispetto e riverenza usando anche minaccia. Nell’approccio con le donne riesce a mettere da parte i suoi lati grotteschi facendo sfoggio di una erudizione barocca, artificiosa, finendo però sempre deriso e sbeffeggiato soprattutto a causa del suo aspetto fisico.

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