Vi porto sul Pollino a scoprire il Carnevale di Alessandria del Carretto

di Maria Lombardo
Ad Alessandria del Carretto sul Pollino Calabrese il Carnevale è rimasto immutato come ogni tradizione, un territorio questo desolato, isolato ma da vedere. Rilanciato da alcuni anni perché in Calabria le tradizioni non si possono perdere e vanno preservate e divulgate. Qui il Carnevale è molto simbolico non si è omologato al progresso come in molte zone della Calabria, dove i Carnevali identitari sono periti. Ad Alessandria del Carretto, come negli antichi carnevali europei, due maschere permettono agli uomini di fare festa sul rischio di dimenticare le regole dell’esistenza: i Połëcënëllë biëllë e i Połëcënëllë bruttë. Le maschere belle sono i ragazzi abbigliati di colori che danzano la tarantella e sono a braccetto con le donne in abito tradizionale. Una cosa induce alla riflessione la vestizione che fa comprendere il sottile passaggio tra uomo e immacolato. E’ assolutamente di buon auspicio possiamo gridarlo! Vestiti con pantaloni di velluto camicia bianca e stivali neri via ogni oggetto personale. Il bianco è candore si sa. Gambali neri trattengono gli stivali lustratissimi e che saranno i motori dei gesti rituali delle ore a venire. Una cintura tiene la campana che segnerà lo spazio del bene appena finita la vestizione. Sulla pancia uno scialle decorato, piegato a triangolo con la punta che pende tra le ginocchia. Spalle coperti da uno scialle variopinto fermo con spilli anche i bottoni della camicia sono rivestiti di stoffe floreali e poi scialli sul petto che si muovono con il corpo. Un fazzolettone protegge il capo, le orecchie e il mento dal peso del cappello che sarà indossato e che aumenterà la statura dei Połëcënëllë biëllë. Il copricapo è davvero sui generis sembra un rettangolo decorato con nastri e fiocchi danno il benvenuto alla primavera. Portano anche uno specchio per mirare la bellezza ad ogni angolazione. Il momento definitivo del mutamento, l’apice del mascheramento è la scomparsa del volto, l’attaccatura della maschera in legno alla testa. La maschera è curatissima liscia ben dipinta ma nello stesso momento semplice non traspare nessun sentimento ma che nascondendosi può sconfiggere la morte.Ultimo oggetto che completa il mascheramento è lo scruiazzo, un bastone — che le mani coperte da guanti neri reggono quando non si danza — intarsiato e decorato con attaccati dei pon pon di lana colorati che verranno sventolati in faccia a chi si incontrerà per strada e che ruberanno i cappelli ai malcapitati che solo dopo un po’ di giri scherzosi li riavranno sulle proprie teste. Ecco che si mette in sesto il corteo festoso delle donne dove iniziano le danze, ogni donna sceglie una maschera la riprova che in passato erano i promessi sposi a sancire con questo rito la futura unione. I Połëcënëllë bruttë tentano di rovinare la festa con azioni negative vestiti con abiti riciclati e lugubri gettano cenere sulla folla. A Carnevale le maschere servono anche a vendicarsi del mondo, a buttargli in faccia la propria rabbia, ad attribuire le colpe di un torto. Tra loro vi è l’Uërsë, un animale fantastico che unisce la fisicità dell’antico abitante del Pollino (l’orso bruno) alle corna di altri animali selvatici. Goffo perché imbottito di paglia e lana getta con astio cenere spaventando molti. Andate a visitare questo Carnevale di altri tempi!

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