La notte del giovedì Santo a Verbicaro (CS) tra Via Crucis e Battenti, Calabria misteriosa
di Maria Lombardo
Il Giovedì Santo di Verbicaro in provincia di Cosenza è una giornata ricca di folklore e carica di “pathos”. Verbicaro borgo che apre le porte al Parco del Pollino ma anche borgo di salvezza per i popoli delle marinate che scampavano al nemico turchesco. Ma è anche paese di pastori in dialetto è Vruvicaru potrebbe significare etimologicamente luogo di pastori, dal latino verbicarius o berbicarius. Come detto in calce il Giovedì Santo è intensissimo il turista amante delle tradizioni “ Sante” dovrebbe recarsi in questo posto. Già dal tardo pomeriggio c’è la Missa in Coena Dominiche si svolge nella chiesa principale parata con drappi scuri ed immagini di Cristo o di Maria. Durante la funzione c’è la lavanda dei piedi con i fratelli in tunica bianca e scalzi. Subito dopo come pratica penitenziale si pratica il giro dei “sepolcri”.In quella stessa notte si ode una triste canzone ed un suono di trombe “por-ta colpa” (per tua colpa), contrassegnato da alcune croci fissate a terra, questo rito però viene ripetuto dal giorno delle Palme alle ore 22:00 intonano sei strofe di un vecchio canto religioso. Il “ pathos” aleggia sul paese ma i riti del Giovedì sono ancora tanti ed interessanti! In un “catojio” del centro storico c’è il gruppo dei Battenti con amici, studiosi e personalità consumano un rito conviviale a base di prodotti del luogo. Questo era un rito che si era perso ma salvato ” in extremis”, la ripresa della pratica penitenziale ha provocato, sin dall’inizio, qualche attrito con le autorità ecclesiastiche, che hanno ottenuto l’ennesimo intervento dell’arma dei carabinieri per impedire almeno l’ingresso dei flagellanti nelle chiese, come pare facessero in tempi passati. Prima della consumazione della cena i Battenti si preparano indossando pantaloncini e maglia rossa, sono scalzi si annodano un fazzoletto rosso in testa che ricade su un occhio. Si difende l’identità e sono pronti a battersi a sangue le gambe. Si fanno sfregare le gambe con un panno di lana i capillari si dilatano e permettono la fuori uscita di più sangue. Sono le 22:00, il gruppo dei battenti si divide in due tra saluti affettuosi ed alcuni si allontanano per prepararsi a battersi in un altro locale. Forniti di cardillo, uno stretto cilindro di sughero sul quale sono state infisse e saldate, con una co¬lata di cera, cinque acuminate punte di vetro. Il sangue fluisce copiosamente e nel mentre deambulano a braccia conserte e testa bassa. Il rito è silenzioso svolgono tre giri devozionali a passo svelto. Segnano col sangue chiese, sagrati, calvari e cercano di battersi seguendo posture e danze. Nel corso di questo rituale saltellano rapidamente sulle punte e scuotono il muscolo delle cosce per una fuoriuscita più regolare del sangue; soprattutto quando si feriscono, appaiono assenti, assorti in un’intensa aura introspettiva, quasi in trance. Al loro seguito amici in veste di “spruffaturi” (spruzzatori) che da un orcetto (piccolo otre) colmo di vino, a richiesta dei battenti, ne sor¬seggiano un po’ per poi vaporizzarne un pò, energicamente, sulle ferite o sul cardillo al fine di operare un lavaggio disinfettante. Il rito si conclude al lavatoio e si detergono con acqua fredda. Fermato il fluire del sangue si ritirano ancora nel locale dal quale sono usciti per rivestirsi con gli abiti ordinari. Il rito conviviale continua e partecipano persino alla Via Crucis collettiva. La via Crucis qui si svolge di notte tra Giovedì e Venerdì, si scorge tutto il popolo Verbicarese partecipare, i bambini vestiti di angelo tra canti e preghiere. Uomini in saio bianco annunciano il suo passaggio qualcuno si finge disciplinato, altri portano delle bandiere nere e rosse, uno soffia l’ancia di una solitaria “canna da zampogna” dal suono stridulo, altri manipolano differenti “troccole” . Le statue portate a spalla raffigurano i patimenti di Gesù nelle ultime ore. Statue affiancate da figure viventi che hanno sete di fede. Il ruolo da ricoprire viene concordato prima con le autorità ecclesiastiche: per assolvere al ruolo di Cristo rosso, in passato si praticava la tecnica dell’incanto che vedeva i fedeli gareggiare nel versare alla parrocchia cospicue somme per aggiudicarsi il diritto di portare la grande croce sulle spalle, un segno di grande prestigio. Il Cristo Rosso è legato alla vita da una fune che è tesa dai Giudei, intorno a lui le guardie ed è lui il protagonista principale. La Veronica in abito bianco e mani sporche di farina simbolo di panificazione. La donna poggia un panno sul capo e poi il Cireneo che innesca un dialogo iroso e getta con stizza la legna in terra ed esegue l’incarico. La processione segue lungo il percorso prestabilito accompagnata dalla banda musicale che intona marce funebri ed è seguita da una folla che procede tra preghiere e canti chiesastici anche dialettali eseguiti soprattutto dalle donne.
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!