Domenico Grenci dalla Calabria all’America: storie d’emigrazione
di Maria Lombardo
L’Emigrazione è sempre stata una dura piaga per i nostri territori "mortificati" dopo l’Unità d’Italia, con l’espropiazione delle terre a favore dei galantuomini la nostra gente fu costretta ad emigrare in massa. Milioni di debiti, arricchimenti facili era questo lo scenario a cui si dovettero adattare dal 1861 in poi i Meridionali. Effettivamente le parole del noto antropologo Vito Teti – La Calabria è una terra in fuga– incarnano perfettamente la storia che mi accingo a riportare alla memoria. Non a caso il contadino, il pastore, l’artigiano e lo zappatore erano fino a metà del 900 o Brigante o Migrante tesi questa avallata in molte opere del professore Calabrese. Emigrarono soprattutto i contadini, lavoratori della terra capaci di costruirsi da sé gli attrezzi da lavoro:” Aratri, sciarte, ceste, petra i l’aria, carru, cavalletti, panara, cannizzi, friscini, mbasti, spotesji, schicci, manici d’accetta e da zappa”. Emigrarono ancora calzolai, sarti, vasai, orefici, barbieri, muratori, conciatori, che portarono ricchezze alle terre di accoglienza. Rimarranno in terra natia le mogli, le madri le figlie che continueranno la tessitura al telaio, la cura del cotone, lino baco da seta ricamando lenzuola e tovaglie per la dote. Una fuga che da un lato sarebbe servita a dare ossigeno a questa Calabria, a comprare la terra e farsi la casa ma dall’altro dolore solitudine e malinconia. E’ in sifatta situazione che si colloca la figura di Domenico Grenci, emigrato calabrese di Brognaturo nelle Serre Vibonesi. La vita dello scalpellino calabrese dovrebbe dare risalto a quelle che furono le tristi decisioni di molti calabresi partire per cercar fortuna. Domenico fin da giovane ebbe la spasmodica passione per l’intaglio e frequentando una delle botteghe più rinomate di Serra San Bruno riusciva a plasmare piccole e preziose opere d’arte presepiale. Iniziò a frequentare numerose”putiche” tra Spadola e Serra poi si trovò soldato nella Seconda guerra Mondiale. Anche sotto le armi si distinse mentre fu prigioniero in Russia riuscì ad imparare il russo e questo gli permise di svolgere attività d’interprete. Le attività belligeranti finiscono Grenci torna in Calabria e qui si apre la sua piccola “putica” facendo intagli artistici per le chiese del luogo. La Calabria durante il dopoguerra visse dei periodi difficili la fame, carestie e dilagante povertà. Domenico che come tutti i Calabresi aveva una numerosa famiglia decide che per sfamarli bisognava emigrare lasciare a malincuore la bella terra di Calabria. Sono gli anni in cui si vive un boom emigrativo ed ecco un’altra disperata cronaca di emigranti “meridionali” giunti nella “democratica” America all’ombra della Statua della Libertà”. Sono 3000, sono arrivati, sono tutti sulla banchina, stanchi, affamati, con in mano il “libretto rosso” (che li bolla come analfabeti) o il “foglio giallo” che dà qualche maggiore speranza; ma per tutti c’è ora la quarantena, un attesa lunga, snervante; e per alcuni -che prima di partire hanno venduto case e podere, o si sono indebitati per fare il viaggio- non è solo stressante ma è un’attesa angosciante”. Lo scalpellino di Brognaturo approda a Chicago ed è qui che dopo un periodo da ebanista trova la sua strada in un piccolo opificio che produceva pipe d’autore. Nell’Illinois lo scalpellino sbarca il lunario onestamente inviando i proventi in Calabria ma la malinconia attanaglia, angosciosa la distanza sperava sempre di rivedere le montagne natie. Ricercato per le sue mani d’oro, le quali riuscivano ad intagliare alla perfezione, fece la sua fortuna nelle Americhe. Divenne in men che non si dica uno dei calabresi più conosciuti ed apprezzati. Tuttavia dopo 5 anni di lavoro ed avendo trovato la sua strada, Grenci torna a Brognaturo dove aprì la sua attività e dove l’erica è abbondante e speciale. Qui la sua fama si solidifica Brognaturo diviene la patria delle pipi d’autore. Tra i tanti estimatori: gente comune, noti professionisti, personaggi televisivi e della politica. Fu l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini ad esprimere il desiderio di voler incontrare il maestro, così lo definì, per porgere di persona la gratitudine e la stima per aver dato lustro al nostro paese nel mondo intero, con quel marchio : “GRENCI CALABRIA ITALY” conferendogli per questo il titolo onorifico di “Cavaliere della Repubblica”.
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