La battaglia di Vibona ricordata da Giulio Cesare
di Maria Lombardo
Non è assolutamente eufemismo dirlo ma Vibona giocò un ruolo fondamentale nel mondo romano, grazie alla presenza del suo attivissimo porto le cui vestigia giacciono nelle acque di Trainiti. Sono in pochi gli studiosi che conoscono tale evento ed doveroso riportare alle cronache storiche l’evento. La battaglia però viene menzionata nel De Bello Civili da Cesare, quando si racconta lo scontro tra Pompeo e lo stesso Cesare. Giulio Cesare ricorda l’audacia dei veterani di Vibona sotto Publio Sulpicio. Nel 48 a. C. di fronte il porto vibonese scoppiò una battaglia navale tra le flotte di Cesare e Pompeo. Cesare descrive di suo pugno ciò che accadde, tra acque e fuochi, svoltasi prima dinanzi il porto di Messina e poi dinanzi al porto ad Vibonem (De Bello Civili, lib. III, cap. 101, vers. 1-5) trad. di: Fernando Solinas F., a cura di, Cesare. La guerra civile, , Mondadori, Milano 1989, pp. 284-287 : “La flotta era divisa in due parti, l’una agli ordini del pretore Publio Sulpicio si trovava nelle acque di Vibona, l’altra, comandata da Marco Pomponio, in quelle di Messina; Cassio accorse in quest’ultima città con le navi prima che Pomponio venisse a sapere del suo arrivo, lo sorprese in una situazione confusa, senza servizio di sentinelle e senza uno schieramento regolare; allora con il favore del vento ben sostenuto che spirava nel senso giusto, mandò contro la flotta di Pomponio navi onerarie cariche di fiaccole resinose, di pece e di stoppa e di ogni altro materiale adatto ad appiccare il fuoco e incendiò tutte le navi in numero di trentacinque, di cui venti erano dotate di ponti di protezione. Questa azione suscitò tale panico che pur essendo a Messina una legione come presidio, si potè a stento difendere la città, e se proprio allora non fossero giunte notizie della vittoria di Cesare, recate da staffette di cavalieri, quasi tutti avrebbero pensato che la città sarebbe stata perduta. Ma la piazzaforte fu difesa grazie alle notizie che erano arrivate in un momento quanto mai opportuno. Cassio si diresse quindi a Vibona contro la flotta ed i nostri, spinti dalla stessa paura che li aveva colti a Messina, tirate in secco le navi, seguirono la stessa tattica di prima; Cassio approfittò del vento favorevole per lanciare allo scoperto contro le nostre navi circaquaranta navi da carico predisposte per appiccare incendi: il fuoco divampò alle due ali e arse cinque navi. E le fiamme si espandevano sempre di più per la forza del vento; a questo punto i soldati delle vecchie legioni, che per motivi di salute erano stati lasciati là, come difesa delle navi, non sopportarono una simile vergogna, si imbarcarono di propria iniziativa, presero il largo, si avventarono contro la flotta di Cassio e catturarono due navi a cinque ordini di remi (grandissime, vedi il disegno); in una di queste si trovava Cassio, che però raccolto da una scialuppa, si diede alla fuga; furono inoltre affondate due triremi”. Una guerra senza precedenti su una Quinquereme, si rammenta che tale nave, portava a bordo 300 rematori, 120 soldati e 50 membri dell’equipaggio; secondo lo storico Fik Meijer per ogni suo lato ospitava 58 thranites su 29 remi, 58 zygites (rematori del secondo ordine) su altri 29 remi ed infine 34 thalamites (i rematori del livello inferiore) con un remo ciascuno. E non ci viene raccontata da un nostro nonno o parente… o da uno storico locale … ma niente meno che dall’imperatore di Roma, Caio Giulio Cesare in persona!
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