‘MBITU I SAN GIUSEPPI, ANTICA TRADIZIONE CALABRESE

di Maria Lombardo
Il precetto di fare voto a San Giuseppe,Patrono dei poveri tra le tante cose che il Santo protegge è usanza diffusissima in quasi tutta la Calabria. “ U ‘mbitu i San Giuseppi” chiamato così perché si predilige la preparazione dei legumi tra cui spiccano i ceci da offrire ai poveri. Un piatto povero i ceci consumato dalle classi subalterne, per queste caratteristiche i monaci in primis hanno scelto fin dal ‘500 di offrirlo ai poveri. A questi legumi si attribuiva un valore mistico legato alle grandi figure dei monaci eremiti e significavano la continenza dalla lussuria e la mortificazione del corpo. Proprio in ricordo delle difficoltà trovate dalla famiglia Santa per un ricovero prima della nascita di Gesù. Nel giorno della festa del santo accompagnavano i piatti di carne nelle mense delle classi più agiate, dove potevano essere serviti insaporiti dall’aggiunta di spezie. In alcuni casi i nobili, d’accordo con la chiesa o col convento locale che garantivano anche il supporto logistico, offrivano la “Ciciarata”,cioè la distribuzione gratuita delle minestre di pasta e ceci e qualche zeppola agli indigenti, proprio in onore al santo padre putativo di Gesù. Cessata l’indigenza si usò condividere le pietanze o le zeppole coi vicini di casa in segno di amichevole convivialità e consumarle in famiglia per festeggiare il santo. In quasi tutta la Regione si praticava con devozione questo rito, vi spiegherò come veniva impostata la festa in molte zone: a Laureana si invitavano tre poveri una famigliola che ricordasse la Santa famiglia che mangiavano ad una tavola benedetta. Nel Cosentino si invitano i poveri dei paesi vicini, i poveri assaggiano tutto e lasciano “u catollu” al padrone. Nel Reggino a Bivona si mette su una parete una statua del Santo nelle altre pareti di casa si mettono lenzuola bianchissime e ricamate. A Taurianova, alla mensa viene rappresentata tutta la Sacra Famiglia: San Giuseppe, la Sua diletta sposa, Gesù Bambino, Sant’ Anna e San Gioacchino, accompagnati da tredici “verginelle” (virginedi) vestite di bianco. Nel Vibonese invece si vedono i poveri andare in giro per le case e chiedere la vucateza di San Giuseppe. Ogni famiglia prepara le vucatezi con i ceci, e i poveri, girano in processione per chiederle in elemosina. I ceci di San Giuseppe si mangiano con le rape o con altre verdure ma alcuni poveri non avevano nemmeno olio per condire, per questo quando giravano per una vucateza chiedevano anche un po’ di olio per condirsi qualcosa.
Ma ora vi spiego soprattutto per coloro che mi seguono da fuori Italia come si prepara la pasta e ceci per questa festa del 19 marzo: Ingredienti per 4 persone- 500 gr di ceci secchi, 2 cipolle, 300 gr di pasta reginette, 3 pomodori pelati, peperoncino, rosmarino, olio extravergine di oliva, sale Q.B., pepe Q.B.
Preparazione pasta con i ceci -la sera prima lavate i ceci, poi metteteli in ammollo in abbondante acqua e lasciateli fino al mattino dopo. Mettete i ceci in una pentola con la stessa acqua in cui li avete messi in ammollo.
Consigli: Potete cuocere i ceci nel brodo vegetale anzichè nell’acqua. Fateli cuocere e poi aggiungete qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva. Unite i pomodori pelati privati dei semi, qualche foglia di rosmarino e un po’ di peperoncino. Aggiungete sale e pepe e continuate la cottura per qualche minuto. Quando i ceci saranno cotti, aggiungete la pasta mescolando spesso e se occorre unite qualche cucchiaio di acqua. Distribuite la pasta e ceci di San Giuseppe nei piatti. Portiamo avanti le nostre tradizioni.

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