Calabresi illustri e dimenticati ai più: il maestro Francesco Florimo da San Giorgio Morgeto

di Maria Lombardo
Una vita davvero intensa e ricca quella del Florimo, nacque nel 1800 in una piccola borgata di Calabria Ultra abbarbicata ai piedi dell’Aspromonte. Siamo a San Giorgio Morgeto stava per crescere un grande musicista. I primi rudimenti facendo vibrare il cembalo il giovane li ebbe dallo zio il quale si accorse delle ampie capacità del nipote. Questi motivi indussero i genitori e lo stesso zio a far allontanare Francesco dal paese natìo all’età di diciassette anni per iscriverlo al Conservatorio di San Sebastiano in Napoli (divenuto poi “S. Pietro a Majella”). Il piccolo musicista Calabrese si distinse in molte discipline letteratura, estetica, e queste doti e la passione permisero a Francesco di conseguire una borsa di studio molto ambita. Ebbe come maestri: Tritto (contrappunto), Elia (pianoforte), Fumo (armonia), Zingarelli (composizione) ed il Crescentini (canto), applaudito esecutore di opere del Cirnarosa. Suoi compagni furono, tra gli altri: Vincenzo Bellini. Saverio Mercandante, Carlo Conti, Luigi e Federico Ricci, Michele Costa, Enrico Putrella, Giovanni Pacini, Carlo Coccia, Pietro Coppola. E’ senza dubbio il luogo ideale Napoli per una così vivace mente e la presenza di un corpo docente preparatissimo fece il resto. A soli 23 anni ottiene il diploma di direttore d’orchestra, poi canto e pianoforte grandi successi per il tempo. Nel 1835 fu nominato Primo Direttore Artistico della Società Filarmonica di Napoli. Divenne quindi membro di molte accademie, fra cui: la Pontaiuiana, la Reale d’Archeologia e L’Archeologica, quella di Lettere e Belle Arti, tutte in Napoli; la Musicale di 8. Cecilia in Roma, le Filarmoniche di Palermo, Catania, Messina e Bologna. Prodigo attento e molto noto Florimo si fece promotore di un’accademia di studi belliniani e di diversi concorsi musicali intitolati allo stesso Bellini. Valorizzò con il Premio una gara dove potevano aderire i compositori del Regno delle Due Sicilie. Devotissimo al Conservatorio nel quale aveva speso gran parte del suo tempo, studiando e consultando nella Biblioteca biografie ed opere di illustri musicisti, il Florimo si lamentava spesso del disordine e della mancanza di una Pinacoteca, nella quale conservare tutto quanto facesse riferimento ai maestri formatisi in quella scuola. Riuscì persino a farsi nominare bibliotecario per poter esprimere il suo amore per musica e cultura, carica che mantenne fino alla morte. Tale carica, gli venne conferita nel 1827 dal Ministero della Istruzione per il Regno delle Due Sicilie. Con Florimo, l’Archivio del Conservatorio di Napoli divenne il primo in”’Italia” e uno dei primi in Europa, per la vastissima collezione di opere di tutti i musicisti d’ogni epoca e di ogni parte. Nella parabola di tempo tra il 1850 ed il ’79 insegnò canto e pianoforte e curò la sua Pinacoteca. Lasciò in dono al Conservatorio di San Pietro a Majella una quantità di preziosi cimeli, di sacri ricordi e di opere d’arte: la musica autografa di Bellini, di Verdi, di Carafa, la sua e quella di molti altri maestri; le lettere autografe di uomini illustri, di artisti e artiste, raccolte in ventiquattro voluminose cartelle; tutti i quadri, quadretti e fotografie di uomini illustri; 18 ritratti ad olio eseguiti da pittori illustri, reliquie di grandi artisti e maestri, statue e statuette, la maschera di Bellini presa sul cadavere da Danton nel giorno della morte; un arpa, opera di Antonio Stradivario; i bastoni a lui regalati da Talberg, da Bellini, da Rossigni; un violino costruito da Antonio Galliano col legno di un cipresso dissotterrato a Pompei dopo 18 secoli. L’ingegno e l’operosità di Francesco Florido furono fregiati da molte onorificenze; meritò infatti la Commenda dei SS. Maurizio e Lazzaro, la croce dell’ordine di San Michele di Baviera, la medaglia del busto di Simone Bolivar e. un anno prima di morire, la nomina a Grande Ufficiale della Corona d’Italia. La morte lo colse il 18 dicembre del 1888, a seguito di una polmonite causatasi uscendo da una festa d’arte: il suo ultimo sguardo ed il malinconico sorriso d’artista furono rivolti al ritratto di Vincenzo Bellini che teneva accanto al capezzale del letto.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

LIMBADI (VV). MOTTA FILOCASTRO: IL SANTUARIO DELLA SANTA CROCE.

La Riganella è un dolce del rituale pasquale, tipico delle comunità d'origine albanese