Riti Quaresimali:PRIMO VENERDI’ DI MARZO (a compuntina)
Chiedo scusa ai lettori se anticipo a giovedì questo importante rito che si svolge principalmente nel cosentino, per l’esigenza di seguire quel filone sulla gastronomia di magro della Quaresima Calabra. “La cumpuntina o disciplina” si pratica il primo venerdì di marzo ed era considerata la pratica del buon cristiano, a praticarla sono i confratelli delle confraternite, ossia ci si posiziona genuflessi “n’dinocchiuni” e si recita un’accorato Miserere e De Profundis a Dio. Il modo giusto per essere perdonati! Inoltre ci si batteva con catene come atto penitenziale, e così che facevano la disciplina i confratelli. I confratelli venivano chiusi in quella stanza dove praticano la Compuntina escludendo vivamente le donne. Un tempo, dopo la funzione, si usciva in processione con la Croce per i vicoli del Rione Terra a Campana per citare un centro del cosentino e nei Crocicchi (Crucivie), dove si stazionava e si cantava la seguente strofetta:
“oi fratelli, oi sorelle,
pensamu c’amu morire.
Oje ‘n figura,
dumani ‘n seportura:
viatu chillu cuorpu
chi ppe l’anima si precure”.
“Oh fratelli, oh sorelle,
ricordiamo che dobbiamo morire.
Oggi siamo vivi,
domani saremo morti.
Beato quel corpo
che si preoccupa del bene dell’anima”.
Al canto seguivano 5 Pater, 5 Ave e 5 Gloria.
Mentre gli uomini praticavano “a disciplina”le donne il primo venerdì di marzo non si pettinavano, e lo facevano per tutti i venerdì di marzo per non incorrere nella maledizione del Signore.
Il divieto è di fede popolare ed è legato ad una leggenda secondo cui Gesù Cristo, un venerdì prima della sua passione, perseguitato e inseguito dai Giudei, tutto sudato, avrebbe cercato riparo presso una donna che si stava pettinando i lunghi capelli davanti alla casa. Avendo ricevuto un rifiuto, perché la donna temeva di sporcarsi nuovamente i capelli, il Signore maledisse chiunque, in un venerdì prima della Passione, avesse pettinato i capelli.
Da ciò il detto:
“madaditta chilla jetta
chi e venniri si gnette”
(sia maledetta quella treccia di capelli
che si intreccia di venerdì).
Non conoscendo con precisione il venerdì della maledizione, le donne rinunciavano a pettinarsi in tutti i venerdì del mese. A questa maledizione fa riscontro la benedizione per le massaie che fanno il pane nei venerdì di marzo. Ciò perché, durante la stessa fuga, Gesù, avendo trovato riparo presso una donna che stava impastando la farina per il pane, come ringraziamento, ne benedì l’impasto che si moltiplicò.
Da ciò il detto:
“viato chillu pane
chi de venneri si scane”
(beato quell’impasto per il pane
che viene preparato di venerdì)
Riti di una Calabria ancestrale ma degni di essere ricordati!
“oi fratelli, oi sorelle,
pensamu c’amu morire.
Oje ‘n figura,
dumani ‘n seportura:
viatu chillu cuorpu
chi ppe l’anima si precure”.
“Oh fratelli, oh sorelle,
ricordiamo che dobbiamo morire.
Oggi siamo vivi,
domani saremo morti.
Beato quel corpo
che si preoccupa del bene dell’anima”.
Al canto seguivano 5 Pater, 5 Ave e 5 Gloria.
Mentre gli uomini praticavano “a disciplina”le donne il primo venerdì di marzo non si pettinavano, e lo facevano per tutti i venerdì di marzo per non incorrere nella maledizione del Signore.
Il divieto è di fede popolare ed è legato ad una leggenda secondo cui Gesù Cristo, un venerdì prima della sua passione, perseguitato e inseguito dai Giudei, tutto sudato, avrebbe cercato riparo presso una donna che si stava pettinando i lunghi capelli davanti alla casa. Avendo ricevuto un rifiuto, perché la donna temeva di sporcarsi nuovamente i capelli, il Signore maledisse chiunque, in un venerdì prima della Passione, avesse pettinato i capelli.
Da ciò il detto:
“madaditta chilla jetta
chi e venniri si gnette”
(sia maledetta quella treccia di capelli
che si intreccia di venerdì).
Non conoscendo con precisione il venerdì della maledizione, le donne rinunciavano a pettinarsi in tutti i venerdì del mese. A questa maledizione fa riscontro la benedizione per le massaie che fanno il pane nei venerdì di marzo. Ciò perché, durante la stessa fuga, Gesù, avendo trovato riparo presso una donna che stava impastando la farina per il pane, come ringraziamento, ne benedì l’impasto che si moltiplicò.
Da ciò il detto:
“viato chillu pane
chi de venneri si scane”
(beato quell’impasto per il pane
che viene preparato di venerdì)
Riti di una Calabria ancestrale ma degni di essere ricordati!
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