VINCENZO FIORAVANTI, SCIENZIATO-UMANISTA DI SARACENA (CS)
di Maria Lombardo
Don Vincenzo Fioravanti, parroco della Chiesa di Santa Maria
del Gamio, fu tra gli anni ‘30 e ’50 del secolo XX, un appassionato cultore di
piante medicinali, e tutta la sua conoscenza la metteva a disposizione degli
indigenti: per questo motivo era una sorta di medico dei poveri, che curava
grazie alle proprietà di alcune note piante presente nel comprensorio del
Pollino, tra Castrovillari e Scalea. È questa un’area particolarmente ricca di
varietà e specie di piante medicali e di un’antica tradizione, risalente almeno
al Medioevo che era stata trasmessa oralmente e senza soluzioni di continuità.
Le cure tradizionali a base di piante officinali erano semplici ed efficaci,
empiricamente testate da secoli: gli sciroppi (a base di camomilla, chicchi di
melograno, rametti di ciliege, barbabietola), il rabarbaro bollito, “l’erba del
vento”, la centaura, l’unghia del cavallo,fiori di finocchio, lupini, le cortecce
di alcuni alberi, le radici, il rovo, la “picata” (un unguento fatto con la
malva, lo strutto e prezzemolo) per le ferite. Queste erbe si cercavano al
bosco di S. Elia, sul Monte Caramolo, sul Monte Palanuda, sotto Mormanno o a
Papasidero, presso il Garga o il Lao. L’approccio scientificamente corretto di
don Fioravanti fu dovuto a studi ponderati e seri sulla nostra flora.Nacque nel
borgo di Saracena il 6 dicembre 1876 da umili genitori: il cursus studiorum lo
vede impegnato a frequentare il liceo e il Seminario per poi iscriversi a una
facoltà scientifica dell’Università di Pisa, probabilmente Scienze Naturali,
dato il suo prevalente interesse per la Botanica. La dispersione di molti dei
documenti sul nostro studioso, nonché della biblioteca personale, lascia molti
dubbi e incertezze sull’attività culturale di Fioravanti. Lo studioso è vissuto
nella sua Saracena fino al 28 ottobre del 1958: schivo, ritirato nei suoi
studi, è ricordato da alcuni religiosi. Don Mario Alfano (1920-2005), che ne
tracciava un profilo culturale, scriveva di un uomo di vasta cultura,
conoscitore della più moderna cultura francese, della letteratura classica e
moderna, ma è soprattutto riconosciuto come “scienziato di fama nazionale ed
europea”. Proprio a smentire un presunto eccesso di retorica, sappiamo che il
professor Mario Fioravanti era stato
ammesso alla prestigiosa “Société Astronomique de France” il 3 febbraio 1909,
l’istituzione di astronomia più importante della Francia, nella seduta
verbalizzata dal segretario Touchet. Nello stesso periodo il botanico calabrese
collaborava con la “Rivista di Agricoltura”, pubblicazione che aveva nel
comitato redazionale i principali studiosi di quella disciplina. In Italia la
sua fama di scienziato è dovuta alla pubblicazione di un testo dal titolo
Piante medicinali italiane, uscito nel 1925 a Catania presso l’editore
Francesco Battiato. In esso sono introdotti i principi metodi di coltivazione,
raccolta e produzione di sostanze o principi e le loro proprietà dal punto di
vista chimico-fisico e medico. Sono descritte la nomenclatura e la
classificazione botanica della datura, della belladonna, della digitale, del
giusquiamo,dell’issopo officinale, del timo, dell’aconito, del Lauro, della
valeriana , della genziana, della melissa, del sambuco e del rosmarino. Con
vezzo di “antichista” lo scienziato amava firmare le sue ricerche con lo pseudonimo
Philanthros (“amico dell’uomo”).La sua collocazione culturale era ben evidente
nella sua adesione alla “Società italiana per il Progresso delle scienze”:
proprio in veste di membro di questo consorzio tenne una conferenza a Catania
(1921) sul tema del suo ambito scientifico.Come socio corrispondente della
“Società astronomica francese” Fioravanti indirizzo un suo studio sugli effetti
del terremoto in Calabria del 28 giugno 1913 (sisma che colpì tutto l’arco del
Pollino). È probabile che, data la sua permanenza nell’istituzione francese
almeno fino al 1925, lo scienziato calabrese abbia mandato altri saggi e di cui
oggi non sappiamo nulla.A Saracena costruisce un Orto botanico, presso la sua
abitazione, mentre il suo studio-biblioteca si arricchiva di diversi documenti
importanti (libri, corrispondenze, riviste): qui trascorreva la gran parte
della sua esistenza, una volta espletate le funzioni sacerdotali. Per la sua
funzione di pastore della Chiesa don Vincenzo teneva cura dei rapporti con gli
emigranti.Dal 1921 don Vincenzo (sempre come professore Mario Fioravanti!) è
proclamato membro della Società Botanica italiana, un’istituzione di alto
profilo scientifico e culturale (i calabresi iscritti, negli anni '30, erano
solo 3). Oltre al lavoro sulle piante medicinali nello stesso anno pubblicava
un breve trattato sul Ricino (1925) ed entrava a far parte della struttura
scientifica che si occupava della fitofenologia – la scienza che studia gli
effetti del clima sulle piante - con la costruzione di una “stazione” per le
osservazioni proprio a Saracena.Tutto da scoprire è il rapporto tra questo
prete sui generis e gli ambienti anarchici e dada franco-svizzeri (sono note
alcune lettere con il poeta e agitatore Tristan Tzara e con il libertario
Armand!).

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