Il Dossale dell’Epifania a Seminara (RC)


 di Maria Lombardo

Con il termine Dossale si indica un prodotto artistico destinato alla parte posteriore dell’altare, elemento da cui traggono origine i più celebri polittici o pale.In Calabria è possibile osservarne uno nella Chiesa di San Marco, a Seminara, un’opera di 3 metri per 2 di puro marmo di Carrara del 1540/1550 attribuita a Giovan Battista Mazzolo: Il Dossale dell’Epifania.  I “pezzi” del dossale sono stati individuati fra i ruderi dell’antica Seminara distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita in un luogo poco distante; l’opera è stata ricomposta nella chiesa di San Michele.Tante sono le peculiarità di questa bellissima opera, una di queste è un mix di Miti della Magna Grecia presenti nella cornice in marmo che la racchiude.Sul lato Destro la più temuta delle Gorgoni punta il suo sguardo verso chi ha di fronte, chi non conosce Medusa capelli di Serpente e il suo sguardo che pietrificava chi incrociava i suoi occhi? La raffigurazione di Medusa sul lato destro della Dossale dell’Epifania è davvero spettacolare! Subito dopo mitiche figure di satiri e putti, l’Acanto la fa da padrone, ed ecco che ritorniamo a un altra figura femminile mitologica: la bellissima ninfa Acanto, incantevole fanciulla corteggiata dal Dio del Sole: Apollo.Si narra che un giorno, mentre il Dio del Sole andò a farla sua, lei lo respinse graffiandogli il viso, il Dio la volle punire trasformandola in Acanto, questa grande pianta che cresce spontanea sopratutto nella nostra fascia tirrenica, che con le enormi e verdi foglie fa sbocciare un fiore che punge ma sopratutto punta il Sole.Negli elementi decorativi Cristiani la foglia di acanto spesso presente nei capitelli delle colonne delle Chiese rappresenta purezza e verginità.In alto a Sinistra altri due elementi decorativi ci parlano dei Tritoni, creature mitologiche che accompagnavano il Dio del mare: Poseidone.Seminara possiede due dossali che raffigurano la venuta dei Magi, questa della Chiesa di San Marco si distingue dall’altra che è presente nella Chiesa di San Michele per la staticità dei personaggi e per i particolari delle figure realizzati usando il “Trapano Romano”.Anche lo stile e il modello riprende il famoso dipinto di Cesare da Sesto presente nella Galleria di Capodimonte a Napoli del 1519. Nelle parti scultoree la morbidezza del modellato dalle morbide stesure interessa le figure dei Magi, ritratti e acconciati come tre bellissimi “generali” romani, dalle armature preziose – in specie il re inginocchiato – ma anche la figura della Vergine, avvolta in un mantello dalle morbide ed ampie pieghe, che stenta a trattenere un bellissimo e irrequieto Bambino, tra i più belli che si ricordino.Fortemente caratterizzati sono  volti e le figure di tutti i personaggi, in specie i Magi : – si veda ad esempio il profilo accentuato del re moro (a sinistra), ritratto in modo da suggerire il suo dinamico avanzare con la sua bellissima armatura dal corto mantello, e con i calzari definiti fin nei dettagli; anche il re in ginocchio ha una testa molto ben modellata, con lineamenti decisi ma belli, con le ciocche dei capelli e la barba riccioluta ben cesellati, ma altrettanto accurata è la testa leonina della sua armatura, l’elsa la sua spada, etc.; in questo volto si è intravista la possibilità di riconoscervi un autoritratto del Montorsoli, attraverso il confronto con il ritratto di profilo dell’artista contenuto nel recto di tre medaglie rinvenute alla base della statua del Nettuno di Messina.  Anche i volti dei due personaggi sulla destra – accostati al giovane re in primo piano, dal volto giovane e privo di barba – sono forti nelle fattezze; mentre appare straordinario il rapporto dinamico fra le due figure dei magi in primo piano: raccolta e piena di energia contenuta è la figura del re inginocchiato; distesa, in una posa bilanciata con le gambe a compasso, è, invece, la figura contigua del giovane re, appena e in parte arretrata.La composizione, popolata di personaggi affollati nei primi piani, comprende invece un respiro spaziale profondo nello sfondo che richiama prospettive leonardesche di paesaggi. Non è meno pregevole la risoluzione della lunetta soprastante e quella dei dettagli: dalle piccole figure di santi alla base delle paraste laterali, al fregio, ai capitelli fogliati. Una sicura corrispondenza si riscontra tra il Bambino di questa pala e quello della Madonna del Popolo di Tropea, di certa paternità montorsoliana.


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