La saggezza contadina nei proverbi Nicoteresi (VV)

di Maria Lombardo
Il tema di questo mio articolo è la saggezza, saggezza che un tempo “trasudava” nei tantissimi proverbi o motteti della vita contadina. Una breve frase che riusciva a racchiudere un’intuizione o una massima desunta dall’esperienza. Una relazione che dovrebbe istigare chi li ripete a seguire una vita saggia ed equilibrata, usando poche parole e molto sobrie per evitare di impelagarsi in discorsi lunghi e noiosi. Questi sono i proverb,i” prodotti” caratteristici del volgo! Ma sui proverbi si era anche espresso il Croce facendolo divenire: “II monumento parlato del buon senso”;dotato di una grandissima forma persuasiva talvolta mischiando la “rudezza” con l’esperienza. Parecchi proverbi sono filiati dall’ambiente contadino Nicoterese e si tramanda¬no per la loro intrinseca saggezza.
Eccone alcuni, di frequente uso a Nicotera farò una carrellata dei più usati: -Cu nesci tundu no pò muriri quadru.(Questo proverbio soleva indicare che il destino è segnato dalla nascita, e nessuno può svincolarsi ma anche ripetuto per la forma caratteriale.) -U sazzìu no canusci u dijunu. (La persona che ha fame è incompresa e chi è ricco difficilmente vorrà capire l’affamato). -Cu paga avanti mangia pisci fitusi. (Chi paga avanti mangia pesci cattivi; chi paga prima ottiene sempre cose mediocri). -Cu i gatta nasci surici pigghia. Questo motteto era usato tra le donne. (Chi nasce da gatta è destinata a pigliare sempre sorci. Se la madre ha fatto in gioventù la malafemmina, si può essere certi che presto anche la figlia ne seguirà l’esempio poco edificante). -L’omu gelusu mori cornutu. (L’uomo geloso è destinato a morire cornuto.) Questo proverbio ancora oggi è usatissimo viene usato anche per discorsi poco attinenti alle corna. -A megghiu parola è chija chi no nesci da vucca. (E’ assai apprezzabile chi parla poco). -L’omu si pigghia pa parola, u voi pi corna. (L’uomo si riconosce per la parola data ed il bue dalle corna. L’uomo è tanto più apprezzato quanto più tiene fede ai suoi impegni). -A troppa bontà scianca a vertula. Questo è il proverbio che conosco meglio e che i miei nonni usavano spesso. (Come la soverchia carità fa bucare la bisaccia del monaco di cerca, così il troppo far bene alla fine è destinato a degenerare). -Megghiu l’ovu oggi ca gajina dumani. ( Questo è un proverbio di accettazione, bisogna senz’altro accettare e prendere quanto ci viene offerto oggi. Il mi¬raggio di un dono migliore domani deve farci riflettere su quanto scioccamen¬te vorremmo lasciare). -Pratica cu i megghiu i tia e fanci i spisi. (Scegli bene la tua compagnia. Pratica sempre con i migliori di te, a costo di fare loro anche le spese). -Quando ti cridi ca godi o crepi o mori. (Non c’è mai una felicità nella vita. Quando pensi di poter godere, o arrivano i guai, o addirittura la morte. Motteto usato spesso dai pensionati.) -U cani muzzica sempri u sciancatu. (La mala sorte perseguita sempre lo sventurato). -Quandu u ciucciu no ‘bboli u mbivi, ha vogghia ca ‘nci frischi! (Quando una persona non vuole fare una cosa o concederti un favore, è inutile che continui a pregarla). -L’homu struitu non mori mai di fami. (La persona colta non è destinata a morire di fame: perché riesce sempre a trovare i mezzi per vivere). -Non è villanu cù villanu nesci; ma è villanu cu u villanu faci. (Non è veramente villano chi è tale per nascita, bensì quello che da tale si comporta). -Mali non fari e paura non aviri. (Non far male a nessuno e non aver paura che qualcuno ne faccia a te). -Quandu u diavulu t’accarizza , voli l’anima. (Quando qualcuno ti coccola troppo, è segno che da te pretende qualcosa di grosso). -Paisi chi vai, usanza chi trovi. (Quando vai in un paese diverso dal tuo, abituati alle usanze del nuovo am¬biente, perché hanno anche per te valore di legge). -I cunsighii d’autri dassa e pigghia; ma i toi ne dassàri mai. (I consigli degli altri accettali quando ti conviene; fidati, invece, sempre della tua testa) -U pisci randi, si mangia’u picciriju. (Il pesce grande inghiotte il piccolino. Il prepotente fa sempre sua preda il debole: da quando si è creato il mondo è stato sempre così!). -L’arburu a m’addrizzi quando è tenneru, ca quandu è duru non s’addrizza cchiù. (L’uomo si educa sin da ragazzo, perché è solo in questo peculiare periodo formativo che tutti i suoi incipienti difetti possono venire stroncati o almeno corretti). -mègghju aviri ‘na bona vicina ca centu ducati (è preferibile avere una buona vicina e non cento ducati). -puru a regina havi bisognu d’a vicina (anche la Regina ha bisogno della vici¬na). Non sempre, però, la vicina si comporta lealmente, ed allora, per accertare se il suo comportamento è soltanto finzione e ipocrisia, basta metterla alla prova nel momento del bisogno. -l’amicu ‘ntò bisognu si vidi s’è nu bonu amicu (l’amico, se è vero amico, si riconosce nel momento del bisogno). Ed allora quale è il comportamento da tenersi se ci si accorge che l’amicizia della vicina non è sincera? -A parenti che non ti duna e ‘a vicina che non ti presta, fujili comu ‘a pesti (la parente che non ti da e la vicina che non ti impresta, fuggile come se si trattas¬se di peste). L’amicizia si è, infine, trasformata in odio: -di l’amici mi guarda Dio, cà d’i nimici mi guardu io (degli amici mi guardi Iddio, perché dei nemici mi so guardare da solo). Era normale che si invitasse qualche amico a casa propria, specialmente nelle lunghe e rigide sere d’inverno, o nelle serate d’estate, nei momenti di riposo dopo le pesanti giornate passate nei campi, per stare un pò assieme mangian¬do e bevendo, ma era altrettanto normale che l’amico non dovesse approfit¬tare, presentandosi al “convivio” “cu na manu davanti e natra d’arredu” cioè senza portare nulla, per cui era giusto parlare con chiarezza: “ah” amicu toi pàrranci chjàru, pàrranci davanti e no d’arredu, cà d’arredu ti senti u culu”. Ecco il chiarimento; – cani cumpari, si voi mu ti ‘mbitu menti tu ‘a carni ca’ io mentu ‘u spitu; menti tu u pani ca u mio è mucatu; menti tu ‘u vinu cà u mio è acitu”. (Caro compare, se vuoi che io ti inviti, metti tu la carne perché io metto l’ospitalità; metti tu il pane perché il mio è ammuffito; metti tu il vino perché il mio è aceto).
Il mio viaggio nei proverbi Nicoteresi, ma comuni a tutto il territorio si conclude qui. Questo interessante patrimonio deve essere recuperato poiché disperso dall’avvento del progresso.Non possiamo assolutamente rinnegare il nostro passato e la cultura da esso emergente, senza dovere conseguentemente rinnegare anche la nostra calabresità, in quanto cultura di vita.

Commenti

Post popolari in questo blog

Polpettone di Melanzane, tanto buono e super facile da preparare

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

Sapete che l'ex villaggio Valtur di Nicotera (VV) è stato creato dal noto Porcinai il maggiore paesaggista italiano?