Leggende calabresi: le Narade, le donne dai piedi d’asino della Calabria Grecanica

di Maria Lombardo
La leggenda è un racconto che ricorre spesso nella cultura calabrese, un mondo abitato da mostri, folletti, fate, gnomi animali parlanti che popolano boschi e campagne. Un mondo agropastorale quello calabrese che ha bisogno di spiegare alcuni fenomeni col mito, la leggenda. Personaggi questi buoni, cattivi, burloni e molto dispettosi, eredi dei miti Greci e non poteva essere diversamente. Una delle leggende più belle di Calabria è quella delle Narade o Anarade. Una leggenda della Calabria Grecanica che tutti devono conoscere. Le famiglie Grecaniche la conoscono tutti perché si tramanda da generazioni. Si tramanda un po’ per conoscenza ed un po’ per paura verso queste figure mutanti. Per i Greci di Calabria le Narade sono esseri crudeli per antonomasia, donne con i piedi asinini. Insomma il loro tallone d’Achille era il rumore che producevano nella deambulazione. Quel rumore era il campanello d’allarme per proteggere le donne del luogo, le vere vittime delle Narade. Per questo nessuno li vide mai! Nei racconti della Bovesia le Narade vivono tra boschi e montagna, sono creature notturne e colpiscono solo di notte. Insomma non erano personaggi da avvicinare nemmeno nella mitologia. Queste figure erano metà donne e metà asini e andavano a cavalcioni su un ramo di sambuco e vivevano in contrada di “Ghalipò”. Non frequentavano il mondo umano di giorno ma la notte uscivano per adescare qualche donna dei paesi vicini. Usavano degli espedienti tipo cambiare voce per indurre le poverette a recarsi al fiume a lavare per poi ucciderle ed avere gli uomini tutti per loro. Stavano accanto alle persone, bussavano alle porte, chiedevano favori, facevano dispetti; si salvava solo chi aveva l’accortezza di offrire loro dei latticini di cui le narade andavano ghiotte. Ogni borgo della Bovesia aveva il suo modo di proteggere le sue donne a Roghudi chiudevano gli accessi al paese a Pizzipiruni, Agriddhèa e Plache, le porte di accesso al paese, affinché le Anarade non potessero entrare. Queste donne “ strane” erano molto furbe e si nascondevano tra le rupi e le sterpaglie ed a Sporiscena dove vi sono delle rupi ne morivano tantissime dirupate. Leggende! Se da un lato sono esseri furbi dall’altro molto ingenue poiché alla fine per inseguire le proprie attitudini morivano braccate dai contadini. La furbizia contadina era comunque l’unica arma contro questi esseri dai poteri sovrumani. E’ proprio vero per conoscere la Calabria bisogna studiare anche i miti, ne esce fuori il carattere di questo popolo dalle radici Greche.




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