Padre Luigi d'Albidona ( CS) un francescano liberale.
di Maria Lombardo
Non molto tempo fa, ho concentrato le mie ricerche sui moti liberali
nelle Calabrie. Attenzione i moti di Albidona in Calabria Citra sono gli ultimi
che ho trattato in questo blog. Questa volta mi concentrerò sulla figura di padre Luigi d’ Albidona un francescano al
servizio dei poveri e degli oppressi: i contadini. Tra i
protagonisti dei moti rivoluzionari nel contesto regionale ci fu un frate
cappuccino, il noto Padre Luigi d'Albidona, al secolo Luigi Cataldi, nato ad
Albidona nel 1818. Dopo aver studiato fuori il suo borgo e aver girato per il
Regno delle Due Sicilie, il religioso viene mandato a Torano Castello proprio
qui inizia ad avvicinarsi al democratico Benedetto Musolino, il quale sfida gli
stessi elementi liberali conservatori, riuscendo a instaurare un forte legame
tra i democratici repubblicani e le masse contadine. Ricordiamo che negli anni
precedenti il 1848 e successivi, vi è un confronto duro nell’ambito del
movimento risorgimentale. Lo stesso Benedetto Musolino, protagonista delle
lotte contadine in Calabria, accusa Mazzini di scarso impegno sulle questioni
sociali. Bisogna pur dire che l’apostolo genovese era preoccupato di non
inserire divisioni e conflitti tra le classi, che voleva tutte unite nel
compito prioritario della lotta per l’unità e l’indipendenza italiana, ma,
secondo l’opinione dei democratici repubblicani radicali. Torniamo a Padre
Luigi entrò a far parte della
"banda toranese" (composta da 27 uomini), stringendo amicizia con
l'anarchico Giuseppe Petrassi e i fratelli Baviera. Il religioso liberale
partecipò agli attacchi alle milizie del
"Real governo" a Paola e alla "disfatta" di Castrovillari, dove incontrò anche i 17 albidonesi, che
presero parte alla sommossa, tra loro vi era Benedetto Cataldi fratello del
monaco. Fu arrestato nel 1850, processato nel febbraio del 1852 e condotto
dopo un lungo periodo di latitanza nel carcere di Cosenza. Dopodiché fu portato
nel carcere dell'isola di Nisida, nei pressi dell'isola
di Procida. Il padre si dichiarò sempre e comunque
"prigioniero politico", ma fu condannato prima alla pena di 18 anni
di prigionia, ridotti in seguito a 13 anni; il cappuccino non li scontò mai
tutti, perché morì dopo quattro anni, solo, malato e distrutto dalla terribile
prigionia.
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