La carne “Ncatarata” o salata di Calabria: conserve invernali


 di Maria Lombardo


Facciamo un tuffo nel passato quando “si stava meglio quando si stava peggio”. La carne, il pesce o anche i vegetali, che si dovevano conservare per lunghi periodi, venivano accuratamente conservati sotto sale. La carne Ncantarata deve il suo nome al vasetto di terracotta che la conteneva il cantaro, dal greco “KàvTapoS”. Nel caso della carne di maiale, solitamente venivano salati le costine e le cotiche. Vi insegno come le preparavano le mie ave. 

Procedura: si procede a strati, si fa prima uno strato di carne e poi uno strato di sale, premendola bene, poi si aggiunge del peperoncino e dei semi di finocchio selvatico, si continua in questa sequenza, per poi procedere con la chiusura del vasetto su cui si adagerà un peso sopra, perché così la carne, perdendo i liquidi a causa della presenza del sale, si abbasserà di livello rimanendo ben pressata. Dopo qualche giorno si prepara la salamoia che andrà a coprire completamente l’ultimo strato di carne, per evitare che venga attaccata da microrganismi che potrebbero avariarla. La carne Ncantarata dopo qualche settimana si può usare, avendo cura di dissalarla cambiando spesso l’acqua per almeno dodici ore. Solitamente viene usata per preparare il sugo con i strangugghji fatti in casa. Occhio nel blog c’è la ricetta di come si impasta  questa pasta antica.

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