LA GHIGLIOTTINA DI CATANZARO: I BORBONICI FINIVANO COSì I COSPIRATORI.
di Maria Lombardo
Nel periodo Borbonico la nicchia del castello normanno era il luogo delle
esecuzioni capitali e ha ospitato anche una ghigliottina (oggi conservata nel
Museo Provinciale al quale si accede da Villa Trieste, in via Iannoni). Il
riassetto borbonico mirò principalmente a consolidare una politica di
assolutismo sotto gli occhi indifferenti e rassegnati delle masse Calabresi che
si adattavano all’alternarsi delle dominazioni. Furono apportate modifiche amministrative:
le circoscrizioni passarono da due a tre: Calabria Citra con capitale Cosenza;
Calabria Ultra I con Reggio e Calabria Ultra II con Catanzaro. Monteleone (Vibo), già la prima città della
Calabria fu depauperata degli uffici più importanti. Ai Conciliatori, ai
giudici di circondario e ai tribunali fu affidata la giustizia civile. Per la
legge organica del 29 maggio 1817 le Corti d’Appello furono definite Grandi
Corti Civili e nel regno furono fissate ad Aquila, Trani e Catanzaro, città
quest’ultima già scelta da Murat il 29 maggio 1809 per accogliere l’Appello dei
Tribunali delle altre province della regione. Una Gran Corte Criminale fu
istituita in ogni città. Secondo le cronache del tempo la ghigliottina di Catanzaro, è stata
utilizzata il 24 marzo 1823 per decapitare Francesco Monaco di Dipignano,34
anni,partecipe nel tentativo sollevazione alla congiura dei Carbonari assieme
ai catanzaresi Giacinto De Jessi e Luigi Pascali ,30 e 22 anni,condannati alla
forca e impiccati lo stesso giorno. Attenzione cari lettori a giorni parlerò
dei Martiri di Catanzaro una storia davvero cruenta sotto i Borbone! La
decapitazione di Monaco,decisa in un processo farsa,voluta dall' intendente di
Cosenza de Mattheis e con la sentenza emessa la notte precedente,sarebbe
avvenuta all'esterno della Porta di Terra,ove era approntato un patibolo,nel
luogo oggi Piazza Matteotti. Mentre l'impiccagione di De Jessi e Pascali ebbe
luogo presso Porta di M1823 – Si riunisce la commissione militare borbonica:
condanna a morte Francesco Monaco di Dipignano. Ai cinque avvocati di difesa,
tra i più stimati professionisti del tempo non fu data la possibilità di
esporre con dovizia di prove le loro tesi. Giuseppe Marini Serra di Dipignano
conosciuto anche a Napoli per la sua persuasiva oratoria, pur considerato filo
borbonico, cercò invano di tirar fuori Monaco e i sammanghesi rei di atti non
commessi, l’avvocato Gaspare Arcuri apprezzato docente di Diritto criminale
nelle scuole universitarie cittadine,
animosamente tentò di salvare
dalla morte il proprio cognato Giacinto De Iessi, suo patrocinatore nello
studio legale al quale era legato da profondo affetto. Commovente la figura
dell’avvocato Pascali, stanco e ormai impotente davanti alle sorti del figlio
che pronunciava le ultime parole: Viva l’Italia, lasciò cadere nelle mani del
boia un gruzzolo di monete perché la morte fosse men dura, ( sei carlini ). Dal
1861 al 1865 furono uccisi 5.212 briganti e a Catanzaro la ghigliottina cessò
di funzionare solo nel 1871, con la decapitazione di Rocco Casalinuovo di
Stalettì (Capobrigante dell'omonima banda, che, unitamente ai suoi uomini, fu
processato nel 1868 e poi condannato dal Tribunale di Catanzaro alla pena
capitale) .
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