Da “mostro di Presinaci” a primo pentito di n’drangheta: Serafino Castagna.
di Maria Lombardo
Inutile dire che Serafino Castagna
era un contadino di Presinaci nel comune di Rombiolo, una storia la sua che
tenne l’Italia col fiato sospeso. L’uomo nell’aprile del 1955 aveva ucciso
cinque persone per ribellarsi al volere dei mammasantissima del luogo che
decidevano anche il respiro degli uomini i quali gli avevano ordinato di
ammazzare un suo amico. La storia che fece scalpore a livello internazionale, come detto in calce l’autore di quei delitti
venne soprannominato dalla stampa di quegli anni come il “mostro di Presinaci”.
Per i suoi crimini Castagna venne condannato a tre ergastoli e a 110 anni di
carcere. In carcere scrisse anche con la sua grafia un libro “Tu devi uccidere”
in cui spiegò i rituali sinistri della ‘ndrangheta dell’epoca. Serafino però fu
un giovane contadino che era caduto nella spirale della violenza a causa delle
cattive compagnie e perché affascinato da una certa mentalità sbagliata
allenata al malaffare ”. Dopo i 5 omicidi latita nel Poro per sfuggire alla
cattura e lo ritrovano dopo giorni vi sono anche gli avvistamenti di persone:”E
fu proprio in una di quelle sere che Nino Varone, il padre di chi scrive, in
compagnia del suo inseparabile amico Nando di ritorno da Mileto, videro
all’improvviso spuntare lesto dalle campagne circostanti Serafino Castagna, “il
“mostro di Presinaci” che si era macchiato giorni prima di diversi delitti.Mio
padre che all’epoca era alla soglie dei trent’anni mi confidò nell’età della
saggia vecchiaia, che è per tutti il periodo in cui i ricordi vengono
arricchiti da sempre nuovi particolari, che il latitante, di cui in quei giorni
tanto si parlava sui giornali di mezzo mondo, non li degnò neppure di uno
sguardo, né si preoccupò più di tanto della loro presenza. Forse comprese di
essere stato riconosciuto, ma la cosa non suscitò in lui nessuna
preoccupazione, né accennò ad alcun gesto minaccioso nei loro conronti. Il suo
amico Ferdinando, in una delle tante chiacchierate, confermò l’episodio
dell’avvistamento e aggiunse anche Serafino Castagna aveva l’aria dell’uomo
impaurito e braccato con l’anima travagliata. Il “mostro di Presinaci”, forse,
alla ricerca con il sopraggiungere della notte di un rifugio più sicuro, una
volta scrutato l’ambiente circostante scomparve, quindi, avvolto dalle ombre
della sera. Nino e Nando dal canto loro si allontanarono con passo veloce e con
il fiato grosso verso l’abitato di Paravati”. Quando viene preso reo anche di
aver ammazzato il padre Castagna fa qualcosa di strano: parla. Non solo, alcuni
anni dopo addirittura scriverà un libro sulla sua storia, “Tu devi uccidere”,
in collaborazione col giornalista Antonio Perria. Il massacro del 1955 da parte
di quello che ormai su scala nazionale ha preso il nome di “il mostro di
Presinaci” è motivato da un misto di rancori privati – verso il padre ad
esempio, colpito mortalmente e poi salutato con un bacio delle mani, come in un
gangster movie di terzo ordine – e di scomposta ribellione verso la misteriosa
associazione criminale di cui ha fatto parte sino a quel momento. Serafino però
muore in carcere una ventina di anni fa ma il suo ricordo è ancora vivo a
Presinaci.
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