Emilio Sacerdote, - nome di battaglia Comandante Dote. Un calabrese contro la shoah



di Maria Lombardo

 La storia che vado a raccontarvi è una storia straordinaria che interessò uno dei tanti figli di Calabria Emilio Sacerdote da Monteleone. Emilio nasce nella vecchia Monteleone oggi Vibo da un ufficiale e da una Monteleonese Virginia Pugliese cognome vistosamente ebreo. Dopo aver ricevuto dal Governo italiano varie onorificenze per il coraggio dimostrato nella Prima Guerra Mondiale, ricevette persecuzione e morte. Ironia della sorte! Emilio non passò molto tempo nella sua Monteleone però si sentiva a tutti gli effetti calabrese e Monteleonese. Pur non avendo vissuto molto tempo in Calabria, sappiamo dalla sua famiglia che si considerò sempre calabrese. Una storia davvero drammatica se consideriamo per intero la Shoah e sicuramente non siamo del tutto felici che un figlio di questa terra perì e soffrì molto a causa di scelte scellerate. Rinomato magistrato, studiò ed operò a Milano dove nel '38 a causa delle leggi razziali viene offeso in tribunale. Il motivo era palese non era di “razza pura”. Sacerdote allora lascia il suo ruolo prima di essere radiato dall'Albo degli Avvocati e viene costretto a vivere emarginato. Decide però di rimanere in Italia scappare in Svizzera non gli sarebbe servito a nulla, ma di opporsi all’occupazione tedesca e alla Repubblica Sociale. Fu così che decide di divenir partigiano nella Valle di Viù vicino Torino, e si fa chiamare Dote e per la sua alta formazione giuridica diviene rapidamente Presidente del locale Tribunale Partigiano e Capo di Stato Maggiore. Inizia con i suoi incarichi a passare ad altre formazioni ma una delazione lo tradisce il 30 settembre del '44. Viene arrestato, portato prima alle Nuove di Torino e poi rinchiuso nel Lager di Gries presso Bolzano. La sua posizione si aggrava quando il delatore svela anche il suo status di ebreo e lo inviano ai lavori duri, esistono alcune missive che scambiava con i familiari grazie all’aiuto di un autista della Lancia. Poi, come in altri analoghi casi drammatici di cui abbiamo notizia, è lo stesso Dote ad annunciare con una lettera a casa la sua partenza per il Lager, di cui certo ignora l’essenza distruttiva. La sua destinazione è Flossenbürg, in Germania, dove resiste quasi fino alla conclusione della guerra. Viene quindi trasferito a Bergen Belsen, come risulta da una Transportliste dell’8 marzo 1945. Questo documento precedente di due mesi alla fine del conflitto è l’ultima traccia di vita che abbiamo di lui.

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