Il garum dei Sibariti spopolava a Roma.
di Maria Lombardo
Oggi vi introduco nel mondo dei Sibaritidi attenzione non è la prima volta
che ne discuto sia in questo blog che in altri ma è opportuno conoscere la
Regione sotto molte sfaccettature. Ebbene si il lusso ostentato dai Sibaritidi
era solo una forma pubblicitaria ante litteram una sorta di dolce vita
holliwoodiana, ma nel cibo probabilmente la pubblicità diveniva realtà i
Sibaritidi amavano mangiare bene! Si parla infatti del garum,
salsa di pesce molto apprezzata dai romani, prodotta negli stabilimenti per la
lavorazione del tonno rinvenuti dalla ricerca archeologica soprattutto nel
vibonese che ricorda molto il “vatarico”. Una specie di “bottarga” che ancora
si produce sulla costa tirrenica calabrese.Ed ancora la continuità tra l’uso
antico di conservare il pescato sotto sale e l’attuale produzione della
“sardella”. Anche detta “rosamarina”, salsa costituita da un impasto di neonata
di sarde, alici, oppure acciughe con sale, peperoncino macinato e semi di
finocchio, diffuso nel cirotano. Gli usi, i
profumi ed i sapori a distanza di millenni non sono poi così tanto cambiati, e
non siamo poi tanto cambiati neanche noi. Nella Calabria Romana gli
insediamenti ittici erano molto diffusi nelle zone costiere ed è proprio qui
che si comprende come veniva fatto il garum
con le sue tecniche di macerazione ittica che dalla Calabria giungeva a
Roma. L’allevamento ittico divenne una vera attività specialmente in epoca
imperiale. Apicio nel De re coquinaria condisce con il garum almeno 20 piatti e descrive un’ampia varietà di salse, alcune più
semplici a base di ingredienti bolliti
nel vino: uva passa, pepe, levistico, origano, cipolla,
garum ed olio, che si versava sul pesce arrostito o lessato; oppure una salsa più complessa fatta di aceto, vino, garum ed olio aromatizzato con pepe,
levistico, ruta, pinoli tritati e miele. Il garum era così comune all’epoca, che Apicio nel suo libro dà per scontata la ricetta e non ne descrive neanche la
preparazione, accenna soltanto che è un prodotto
della fermentazione delle interiora di pesce e di
pesce esposto al sole, e che dalla fermentazione di queste interiora si separa
un solido ed un liquido che chiama liquamen. E’ comunque grazie ai testi di tanti autori che si è riusciti a ricostruire come si realizzava il garum come ad esempio gli utili suggerimenti tratti dalle Geoponiche di autore ed epoca
ignoti in cui si sottolinea l’importanza dell’utilizzo di piccoli pesci come
trigliole o sardine, o come descritto dettagliatamente da Marziale che fornisce una vera e propria ricetta: “Si usino pesci grassi come sardine
e sgombri cui vanno aggiunti, in porzione di 1/3, interiora di pesci vari.
Bisogna avere a disposizione una vasca ben impeciata, della capacità di una
trentina di litri. Sul fondo della stessa vasca fare un alto strato di erbe
aromatiche disseccate e dal sapore forte come aneto, coriandolo, finocchio,
sedano, menta, pepe, zafferano, origano. Su questo fondo disporre le interiora
e i pesci piccoli interi, mentre quelli più grossi vanno tagliati a pezzetti.
Sopra si stende uno strato di sale alto due dita. Ripetere gli strati fino
all'orlo del recipiente. Lasciare riposare al sole per sette giorni. Per altri
venti giorni mescolare sovente. Alla fine si ottiene un liquido piuttosto denso
che è appunto il garum. Esso si conserverà a lungo”. Plinio il Vecchio in Naturalis Historia, definisce il garum “liquor exquisitus” e che il migliore era quello fatto con gli sgombri. Tra le ricette di cucina più frequenti dell’antichità, troviamo il pesce già cotto e tritato finemente, insaporito con pepe,
ruta, garum e poco olio. Il composto era cosparso di ortica
marina che doveva rimanere in superficie e non
mescolarsi per poi cuocersi a vapore. Si fa menzione in diversi libri perfino di un utilizzo medicale del garum relativo alla guarigione di ulcere, dissenteria, morsi di cani e malanni delle orecchie. Dopo questa digressione storica sufficiente a
capire la situazione torniamo a narrare del garum dei Sibaritidi, un garum
diverso da quello tradizionale ma molto apprezzato era unn garum fatto con le
anguille del Crati ed era una novità assoluta a Roma mentre a Sibari era ormai
diffusissimo. Non ci sono ricette perché come detto in calce la produzione del
garum calabrese era scontata si aveva invece una grande varietà anche con i
pesci di fiume e laghi.
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!