Un altro mestiere, ormai completamente scomparso, è il compratore di capelli, u capilleri.
di Maria Lombardo
Io la ricordo questa
“figura professionale” che fino agli anni '80 girava per le viuzze del mio
borgo ma ricordo bene che ogni fine settimana bussava alla porta di casa mia e
chiedeva di mia nonna. Mia nonna fino a tarda età tenne i capelli lunghi che
sfoggiava in due trecce bianche e raccolte a “tuppo” che regolarmente fermava con
“pettinisse e ferretti”. Ogni mattinna prima di rassettare la casa o prima di
andare nell'orto si sedeva dinnanzi la finestra e su e giù col suo pettine
giallo canarino comprato al mercato locale, pettinava i suoi lunghi capelli.
Era un rito che faceva da sempre e nel mentre lo faceva qualche canzoncina la
faceva. Tant'è vero che anche io che questo curioso venditore l'ho visto solo
un paio di volte ho lasciato la mia prima treccia, in cambio mi dette una
scopetta per bambine. Piccole massaie crescono e si era sbagliato! Il resto lo
barattò con mia nonna in quisquilie che lei usava per il cucito. Non vi dico
quante volte mi sono vista tagliare la frangetta e se mi rifiutavo vai con la
tiritera:” faranno delle bambole che poi il nonno venderà al mercato”.Tempi
antichi in cui l'arte di arraggiarsi specie in Calabria era all'ordine del
giorno, e quelle donne attente riuscivano a raccogliere anche i capelli che
cadevano o quelli che tagliavano per affidarli al capillere. Questo personaggio
carico come un mulo delle sue mercanzie oggetti di plastica tra cui i
primissimi porta saponi, secchi, pettini e pettinisse, aghi, filo qualche
gancetto e pure prodotti per la cura personale. Insomma ti dava il tuo compenso
in base a dei requisiti ed in base alla quantità di capelli consegnati. In via
Barriera a Nicotera il capillere faceva un vero “giro” avendo sempre le clienti
fisse. Le donne dopo aver raccolto e messi in ordine i capelli da dare al
capillere li fermavano a mò di fiocchetto e li riponevano in modo che non si
sciupassaro in un sacchetto di carta. Il capellaio li esaminava e li prendeva
dopo essersi assicurato che non contenessero pidocchi o loro uova, dando in
cambio oggetti che portava nel suo carretto. Il valore dei capelli naturalmente
aumentava notevolmente quando le donne consegnavano capelli lunghi o trecce
intere. I capelli venivano poi venduti a Bari ed a Napoli a commercianti che,
dopo averli puliti e selezionati, a loro volta li vendevano a ditte che
producevano parrucche per uomini e donne. La voce che circolava sul
"capillaru" era che lui vendeva i nostri capelli per fare le
parrucche, altri dicevano che servivano per le bambole. In realtà non abbiamo
mai saputo dove finivano i nostri capelli!. Frequentando però le città Bari,
Napoli, Messina portava sempre delle novità che attiravano mia nonna ricordo
che una volta chiese al capellaio “nhà lenti” per vedere i punti più grandi,
gli consegnò una banale lente d'ingrandimento con un supporto da appoggiare “o
tilaru”. Iniziava il potere delle cineserie! Lui esperto soppesava i capelli e
decideva cosa dare in cambio. Le donne se erano contente dello scambio,
prendevano e se ne andavano, altre curiose aspettavano di vedere lo scambio
della vicina. Spesso, non erano contente del baratto e per ripicca non glieli
davano aspettando di raccoglierne un pò di più per la prossima volta con la
speranza di prendere qualche oggetto più utile. Il venditore cercava sempre di
accontentare tutte, perchè era il suo lavoro e non voleva sicuramente tornare a
mani vuote. Spesso accomodavano con l' aggiunta di poche lire per equilibrare
il prezzo e tutti erano più contenti. Naturalmente, noi bambine eravamo felici
quando le mamme prendevano qualcosa per noi: mollettine per i capelli, qualche
giocattolino, penne per la scuola...
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