Le Frazze di Crucoli ( KR)… Un Carnevale dei tempi passati.



di Maria Lombardo

Le ‘mille Calabrie’, diverse per rapporti produttivi e sociali, per economia e alimentazione, per lingua e per tradizioni culturali non facilitano un discorso unitario e compatto sul Carnevale. I ‘mille Carnevali’, uguali e diversi, presenti nella società calabrese tradizionale confermano quanto sia angusta, parziale, inventata l’idea di ‘calabresità’ a cui si attaccano numerosi studiosi;” (Gallo 1992 : 18). Questo era uno dei “mille carnevali” calabresi persi! Persi col progresso e l’emipazione aggiungerei io. Ma in cosa si distingueva il Carnevale di Crucoli? Il punto di forza erano le frazze una pungente satira che si assaporava solo nel periodo carnevalesco. Con l’espressione dialettale frazze vengono indicate le farse di Carnevale, che fanno parte delle tradizioni carnevalesche di molti paesi calabresi. In questo caso ci riferiamo alle frazze che venivano rappresentate fino agli anni Cinquanta a Crucoli. Un lavorio che durava l’intero anno per questa sorta di teatro popolare, dove fino a 30 attori non professionisti, (perché erano abitanti del paese) si esibivano in piazza, rappresentando scene di vita reale. Gli attori venivano ricompensati “in natura” cioè con salami, formaggi ed altre specialità portate dagli spettatori. Questi attori mascherati giravano in gruppo si abbigliavano in posti nascosti
con abiti vecchi e rattoppati, per non farsi riconoscere, e giravano il paese per recitare “e frazze”. Gli autori di queste frazze dovevano rimanere ignoti questa satira non serviva solo  a deridere ma che attraverso la satira e il riso servano come fonte di insegnamento. La tradizione in se stessa era anche mezzo di denuncia e - se vogliamo - di riscatto sociale. Nonostante non abbia trovato molte informazioni su come si svolgevano le frazze a Crucoli sono emerse diverse motivazioni che hanno portato a non rappresentarle. Andando nello specifico, innanzitutto c’è da dire che chi componeva le frazze era spesso una persona analfabeta, quindi non scriveva con una competenza letteraria, ma - come si suol dire - perché aveva “talento” , cioè era particolarmente portato a scrivere; in realtà chi componeva voleva far divertire ma soprattutto esprimere la propria denuncia contro il potere e la società, senza alcuna pretesa letteraria. Da ciò deriva anche il disinteresse delle persone colte verso le frazze, che venivano considerate solo un mero divertimento e passatempo in mancanza d’altro; quindi, partendo dal presupposto che le frazze erano composizioni di gente ‘ignorante’, questo fenomeno non venne considerato di molto valore, almeno fino a qualche tempo fa, quando si è messo un luce il vero significato di riscatto sociale di questi testi.nLa satira era diretta a categorie sociali, ma anche agli ‘altri’, ai forestieri, agli abitanti di un paese vicino, pure di un'altra zona del paese, era, spesse volte, autoironia, ironia contro membri del proprio gruppo” (Gallo 1992: 22-23). Un altro motivo che ha contribuito alla dispersione delle frazze è riscontrabile nel fatto che molti padri di famiglia, che erano anche farzari, non volevano che i figli e nipoti si immischiassero in questo tipo di cose, giudicate pericolose; infatti, quando gli autori delle farse venivano scoperti, molte volte erano arrestati o addirittura costretti a lasciare il paese. Questa paura divenne sempre più reale con la censura che iniziava ad esercitare il suo potere.La ‘satira’ a volte era molto forte ed altrettanto esplicita, per cui succedeva spesso che la persona chiamata in causa abbandonasse la piazza, nascondendosi il viso dalla vergogna. Nella farsa poteva succedere di tutto: travestimenti, beffe, equivoci, inganni, bastonature. In essa tutto era permesso, perché l'obiettivo era soltanto uno: provocare nel pubblico una sincera e schietta risata. 




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