Gli "spanzati" di fine '700 quando i neomeridionalisti credono davvero che la malavita la portò il nuovo Stato Italiano.
di Maria Lombardo
Era solo una forma embrionale! Certamente c’era
ed era radicata in molte zone della Calabria. Nel 1792 Giuseppe Maria Galanti
annotava nel suo "Giornale di Viaggio in Calabria" la presenza a
Monteleone oggi Vibo Valentia, un centro economicamente molto importante
dell'epoca. Nonostante tutto vi erano questi personaggi definiti "spanzati",
"gente oziosa" abituata a commettere "ogni sorta di bricconeria,
con un manifesto disprezzo per la giustizia, la quale è inefficace a
punirli". Parole che non necessitano commenti! Molti di questi
"spanzati" svolgevano la funzione di mediatori, facendo ricorso alla
violenza se necessario, nei settori commerciali più redditizi dell'epoca,
quelli della seta e dell'olio. I contadini sfruttati e gli “spanzati” divennero
facili prede dei tanti mafiosi siciliani spediti in confino sull’Aspromonte:
nasce l’Onorata Società. Attenzione non bisogna confondere l’Onorata Società
con la malavita che conosciamo oggi capaci delle peggiori nefandezze. Questa Onorata
Società non ebbe vita lunga, in quanto a cavallo del secolo scorso, con quello
attuale, emerse chiaramente che non c’era più bisogno di difendere i diritti
dei ceti popolari in segreto e, incoincidenza della scomparsa del brigantaggio,
che si sviluppò la ’ndrangheta. Per Mannino (2002), si tratterebbe di
“un’associazione nuova, sorta dopo la fine del brigantaggio (o sopravvissuta ad
esso) proprio per il suo carattere di novità”, avente, altresì, il carattere
unitario del fenomeno nella regione. Ovviamente per i neomeridionalisti
abituati a letture poco le fonti scientifiche ci sono le fonti processuali acquisite nell’analisi
del periodo, risalenti agli ultimi trenta anni dell’Ottocento, nei confronti di
gruppi di associati, già in quel periodo indicati come camorra o associazione di
camorristi, i di maffiosi o di picciotti. Attenzione non era ancora n’drangheta:
“[…] La Corte d’Appello delle Calabrie, il 22 marzo 1884 si pronunciava
sull’impugnazione degli
imputati del processo a carico di Crocè Paolo più 3, già ammoniti per “mafia
e camorra”;
Tribunale di Polistena, 26 maggio 1897, sentenza di condanna nei confronti
di un tale Giovanni
Guzzi, già ammonito come “ozioso, vagabondo e camorrista”;
Pretore di Polistena, nel 1898, ammoniva tale Rocco Borgese da Polistena “a
non dar luogo ad
ulteriori sospetti in fatti di ferimenti, camorra e di far parte di maffiosi”;
Il 14 ottobre 1890 nel processo a carico di Calia Michelangelo più 65, tutti
del circondario di Palmi,
la Corte accertava che l’associazione era riconosciuta come “setta di
camorristi”;
Nel processo a carico Mangione Bruno più 53, tutti di Gioia Tauro, gli
imputati, venivano giudicati
in relazione all’accusa di essere affiliati “nelle file della mafia”;
In quello a carico di Fasulli Antonino più 44 un imputato era accusato di
appartenere alla “mafia di
S. Stefano”;
Il 27 ottobre 1900 la Corte decideva sull’appello del processo a carico di
Scidone Santo più 53, tutti
di Palmi, accusati di essere “affiliati alla camorra” […]” 3
Alla fine dell’800 la ’ndrangheta veniva allegoricamente rappresentata
dall’“albero della scienza”,
con la seguente gerarchia:
“[…]
1. Fusto: capo società, mente direttiva, con potere di vita e di morte sugli
associati 3. Rami: esperti camorristi divisi in: camorristi di sgarro: addetti
alla riscossione del pizzo;
camorristi di sangue: addetti ai reati violenti; camorristi di seta: fini
dicitori del gergo mafioso.
4. Ramoscelli: le nuove reclute, i picciotti.
5. Fiori: giovani d’onore.
6. Foglie: i traditori, destinati a cadere.
7. Linfa: il silenzio e l’omertà.
8. La tomba: situata sotto l’albero sta a significare che la violazione del segreto
comporta la morte
[…]”. In uno dei rapporti della polizia inviato all’autorità giudiziaria nei
primi del 1900, veniva evidenziato
il comportamento delle organizzazioni calabresi, della struttura e le regole
che disciplinavano
l’ammissione degli adepti:
“[…] Scopo dell’associazione dei camorristi e dei maffiosi si è l’estorcere
denaro, il quale atto si
appella esazione di camorra; difatti la camorra si riscuote da coloro che
giuocano a carte, i quali
sottostanno per la certezza che non sarebbero disturbati dagli esattori
della camorra. [...] La società
della maffia e camorra e gerarchicamente costituita, cioè ha il capo dei
camorristi, ha il puntaiolo,
cioè il cassiere. Si entra nella società col grado di giovane d’onore si è
promossi poi picciotti e quindi camorristi. L’ammissione ha luogo dopo che un
giovane ha dato prova di attitudine alla delinquenza o per
pagamento di un tanto. L’ammissione stessa si effettua in seguito al
seguente giuramento che,
pronunciato dal capo in presenza dei soci, viene da questi ripetuto e quindi
confermato dal nuovo
ammesso.
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