IL CALABRESE MICHELE MORELLI DI MONTELEONE CONDANNATO A MORTE DAI BORBONE CON LA GHIGLIOTTINA COME INIZIATORE DEL MOTO COSTITUZIONALE DEL 1820-1821 IL 12 SETTEMBRE 1822 NEL LARGO DI PORTA CAPUANA.


 

di Maria Lombardo 


Torniamo a raccontare i fatti della rivoluzione napoletana del 1820-1821 di cui ricorre il bicentenario, quando si cercò da parte dei più illuminati della nazione napoletana di trasformare la monarchia borbonica da assolutista e clericale in un regime liberale e costituzionale, sul modello di quelli della Spagna e dell’Inghilterra. I promotori di quel moto insurrezionale furono: il napoletano Giuseppe Silvati, figlio di Gennaro e di Anna Maria Lerisetti, di famiglia siciliana, nato nel 1791, che scelse la carriera militare, al tempo di Gioacchino Murat, combattendo in Spagna e nelle altre imprese italiane del memorabile sovrano, e il calabrese di Monteleone, nato nel 1792, di distinta e colta famiglia, che combattè con l’esercito napoleonico in Russia, durante il fondamentale decennio (1806-1815). Fu Silvati il vero preparatore del moto insieme all’amico calabrese Morelli, che partirono da Nola  nella notte tra il primo e secondo giorno di luglio 1820, con 142 militari, in gran parte del reggimento a cavallo lì stanziato. Disse Morelli ‘ “Su a cavallo: l’ora della libertà è suonata, chi ama la Patria ci segua. Si riuscì così a far concedere la Costituzione! Silvati e Morelli furono oggetto dell’odio feroce del tiranno Ferdinando e furono condannati a morte con la ghigliottina il 12 settembre 1822 alle 15. 30 nel largo di San Francesco a Porta Capuana. Furono due soldati Martiri della Libertà. Morelli da intellettuale libero, che non volle, pentirsi, confessarsi e comunicarsi, ebbe il corpo gettato nella calce viva dal disumano e clericale regime borbonico in un fosso delle carceri di San Francesco. Cosi dice la relazione dei Padri Bianchi. “L’esecuzione ebbe effetto nel solito luogo di S. Francesco a Capuana ad ore 15 e mezza colla giullottina (così è scritto). Silvati che morì veramente contrito e da cristiano per divina misericordia fu seppellito dalla nostra Compagna nella Chiesa di S. Caterina a Formello; e Morelli, perché morto impenitente, si lasciò il cadavere a discrezione della polizia che dicesi l’abbia seppellito nel cortile delle carceri di S. Francesco a Capuana, luogo non sacro.” Mariano D’Ayala aggiunge il particolare del cadavere in calce viva, appreso dalle ricerche particolari scritte ed orali che fece nella sua vita, prima e dopo l’Unità del 1860-1861. Il governo borbonico perseguitò anche i familiari dei due cospiratori,la famiglia di Giuseppe Silvati, lasciata nell’indigenza e nella miseria.

Fonti: Mariano D’Ayala, Vite degl’Italiani, Martiri della Libertà e della Patria uccisi dal carnefice, pubblicate postume a cura dei figli, Fratelli Bocca, Torino-Roma-Firenze, 1883, p. 436; Antonella Orefice, Delitti e condannati nel Regno di Napoli (1734-1862), Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2014, p.110 (che riporta il citato verbale).


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