Rose (CS), decorazioni longobarde nella chiesa matrice. Interessante visitarla.






 di Maria Lombardo 


Oggi vi porto a Rose nel cosentino per parlarvi della chiesa Matrice, una bellissima chiesa a tre navate di pianta a croce latina. La chiesa è stata diverse volte distrutta dai terremoti ma è stata sempre restaurata e abbellita, grazie alla pietà dei fedeli. Solo il terremoto del 1980 è riuscita a piegarla, infatti dall’allora la chiesa è chiusa al culto. Vi sono dei documenti che risalgono al XIII – XIV. Il Vescovo di Bisignano nel 1259 in un documento che censiva i luoghi di Rose dedicati al culto scriveva della presenza della Chiesa Matrice di Santa Maria Assunta. Si possono ammirare elementi connessioni al mondo longobardo, presente in Calabria settentrionale nell’alto-medioevo. Ricordiamo che i Longobardi dal 596 d.C. in Calabria furono i principali antagonisti dei Bizantini, tra la fine del VI e la metà dell’XI secolo, quando entrambi furono sconfitti e cacciati dai Normanni. L’area principalmente occupata dai Longobardi corrispondeva alla parte della provincia di Cosenza a nord del fiume Crati. Inoltre uno di questi elementi architettonici è una decorazione, la cui provenienza è sconosciuta, ma probabilmente rinvenuta durante i lavori di ristrutturazione della chiesa. Si tratta di una stella a sei punte nota come “fiore della vita” o “stella-fiore” e che trova numerosi confronti nell’arte longobarda dell’epoca. Il simbolo, di origine antichissima, è utilizzato dalle popolazioni germaniche come rappresentazione della potenza vivificatrice e generatrice del Sole che trasmetteva il suo potere guaritore e protettivo; in ambito cristiano è impiegato come simbolo sullo scudo di S. Michele Arcangelo. Altro elemento fuori dalla chiesa si ricollega proprio a S. Michele. Una figura maschile stilizzata è rappresentata, centrale, all’interno di una cornice, nell’atto di calpestare un uomo posto su un altare. La figura in piedi presenta un copricapo sulla testa, nella mano destra regge un oggetto di non chiara fattezza, mentre nella sinistra una spada tesa verso il basso. Sulla destra, erosa da fattori naturali, si osserva una testa maschile. Si è ipotizzato che il tipo iconografico ivi presente rimanderebbe, con molta probabilità, alle raffigurazioni di S. Michele Arcangelo. Il dato è quanto mai interessante dal momento che i Longobardi, a partire dalla loro conversione al cristianesimo, dopo la vittoria sui bizantini, fanno di S. Michele Arcangelo il loro santo protettore; ne recuperano la sua valenza guerriera, come capo delle milizie celesti, avvicinandolo al dio pagano Wothan, dio supremo della guerra, psicopompo e protettore degli eroi dei popoli germanici.Il culto micaelico si riscontra in varie località della Calabria settentrionale sotto il dominio longobardo, tra cui emblematico è il santuario di S. Michele Arcangelo nel comune di San Donato di Ninea (CS), realizzato all’interno di una grotta e chiaramente influenzato dal santuario garganico.

 

 Fonte: Rossella Schiavonea Scavello: La presenza longobarda nellodierna provincia di Cosenza. Nuovi dati per una rilettura del paesaggio della Calabria settentrionale. VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (SAMI), 2018, pp. 246-247

 


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