CONOSCETE I FINTI PIATTI CALABRESI?
di Maria Lombardo
C’era un tempo in cui in Calabria la fame era endemica poi pian piano con le
rimesse degli emigrati le cose migliorarono ma non cambiarono. Le massaie
calabresi riuscivano a preparare cibarie capaci di ingannare il gusto.Nascevano così il finto
ragù e gli altrettanto posticci polpette e capretto, ad essere prese di mira erano
soprattutto le pietanze a base di carne che, essendo costosa, difficilmente poteva essere proposta
sulle tavole dei meno abbienti.Le polpette in questione, dette anche del
venerdì perché, prive di carne, non violavano il precetto religioso di astinenza nel giorno dedicato al ricordo della morte di
Gesù, erano particolarmente diffuse e diventavano gustosissime quando
contemplavano anche la presenza delle
melanzane, per il resto la preparazione ricalcava quella classica: un impasto di
mollica di pane e uova insaporito da prezzemolo tritato, aglio schiacciato,
pepe nero macinato, parmigiano e pecorino grattugiati, il tutto fritto, a
piccoli tocchi arrotondati o allungati, in olio d’oliva. Il finto capretto al gusto sopraffino della cipolla rossa di
Tropea cotta al forno a spicchi assieme a patate, grossolanamente tagliate e
profumate con le tradizionali erbe aromatiche: rosmarino, salvia e alloro.Il
ragù falso utilizzava pure la rossa tropeana, soffritta in olio di oliva e
bagnata col vino rosso, a cui si aggiungeva un buon passato di pomodoro fresco
al basilico. Deliziose “scusanti” che davano ristoro in tempi difficili.
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!