GIOIA TAURO (RC). LA LEGGENDA DI STESICORO. 


 di Maria Lombardo

La città di Gioia Tauro, situata al centro della piana, sorge sui resti dell’antica Metauros. Nativo di Metauria, l'antica Gioia Tauro, fu Tisia, musico e poeta lirico contemporaneo di Pitagora, poi ribattezzato Stesicoro perché «per primo creò il coro per il canto della cetra». Scrivono Linio e Polibio: «Un usignolo cantò sulle labbra di Stesicoro infante, annunziando con mirabile auspicio che egli sarebbe divenuto sommo poeta». Nacque durante l’anno della XXXVII Olimpiade e morì nell’ anno della LVI, all’età di 84 anni. Secondo la tradizione Stesicoro ebbe un fratello, Ameristo, che portò nella Magna Grecia le conoscenze di Talete. Fu proprio per il suo poetare eccelso che Stesicoro passò un brutto quarto d'ora: compose in lingua dorica un canto non proprio elogiativo nei confronti di Elena, quella di Troia, suscitando, cosi, l'indignazione di Castore e Polluce, i quali, protettori solerti della donna diffamata, lo accecarono. Fosse stato Stesicoro un poetucolo, i Dioscuri non avrebbero sprecato con lui manco un tanto della loro divina attenzione, ma era un vate i cui versi, tanto più se diffamatori, erano tenuti in gran conto e, perciò, meritava un'adeguata punizione. Stesicoro, disperato, pregò e supplicò Zeus di restituirgli la vista, ma inutilmente; e, allora, egli si piegò alla peggiore umiliazione per un autore, che è quella di autosmentirsi negli stessi termini e modi con cui prima ha affermato. E dopo aver scritto una palinodia, cioè una ritrattazione in versi, Stesicoro riottenne la vista; anche se la stessa palinodia non migliorò l'immagine ormai impostasi di Elena che, nonostante i suoi divini protettori, continuò ad essere associata a Troia.


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