L'Abate Gioacchino da Fiore giunge a Nicotera.



di Maria Lombardo


Nicotera bellissimo borgo Medievale adagiato su una lussureggiante collina vive oggi una stagione politica e culturale molto problematica. Un tempo non fu così fin dalla sua fondazione sotto i Normanni e poi agli anni '80 del secolo precedente seppe far sentire forte la sua voce politica ed il peso culturale che il Borgo detenne per secoli. La sua posizione strategica su questa collina granitica e la posizione di un grande maniero ( che non è quello che oggi campeggia su Nicotera) adibito a fortezza militare contro il nemico arabo, la fece divenire meta di importanti personalità. Oggi all’interno delle sue sale non dimorano più i Principi Ruffo di Scilla e Sinopoli e Signori di Nicotera né vengono accolti eminenti personalità come in passato dove vennero a soggiornare Papa Urbano II, Costanza D’Altavilla, San Bruno di Colonia, Gioacchino da Fiore e San Ludovico D’Angiò. Tutte personalità che non vennero nel Borgo per villeggiatura ma per stipulare contratti ed a volte per complotti come accadde all'Abate Gioacchino. Gli storici locali Nicoteresi che da sempre hanno dedicato la propria vita a rendere illustre Nicotera sono stati in grado di farci sapere che Gioacchino venne a Nicotera ma sul motivo e quanto vi rimase rigoroso silenzio. Tutto ebbe inizio da una disputa nota a pochi ben documentata e meritevole essere conosciuta tra l’abazia dei Tre Fanciulli che era abitata da monaci “greci”nella diocesi di Cerenzia. L’abazia compare per la prima volta in un privilegio concesso dall’imperatore Enrico VI il 21 ottobre 1195 a Gioacchino da Fiore e al suo monastero. Un tenimento questo molto ricco che fa accendere subitamente la contesa tra i florensi ed i Greci. I Greci chiedevano a gran voce alcuni pascoli e orti che comparivano dentro la possessione concessa dall’imperatore al monastero di Fiore. L’abate Gioacchino ed i suoi frati li ostacolavano nell’esercizio dei loro diritti. I tentativi dell’abate e dei monaci greci e quelli degli abitanti di Caccùri di aver giustizia dai tribunali del potere secolare furono vani, fornendo i privilegi concessi dai Re Normanni, risulteranno inutili, perché ogni decisione verrà demandata al tribunale episcopale, competente per territorio. Cominciò così una lunga battaglia che spingerà il Florense a recarsi a Nicotera per ordire un complotto con l'arcivescovo di Palermo Bartolomeo, potente ecclesiastico. Lo scenario politico era mutato Costanza d' Altavilla divenuta imperatrice conferma i privilegi a Gioacchino(1). Sempre durante il breve regno dell’imperatrice, i monaci greci continuarono a rivendicare i loro diritti ed avendo subito violenza da parte dei monaci di Fiore nel luogo conteso di Calosuber, si rivolsero per avere giustizia alla Curia imperiale ribadendo che parte del territorio concesso dall’imperatore a Gioacchino era di loro pertinenza. Si finì per il momento con l'intervento di persone pie per far stipulare l'accordo. Gioacchino ed i suoi frati concessero ai monaci greci di poter avere ovili e pascolassero le greggi nei luoghi detti Misocampo e Vulturno mentre per le vacche, le giumente ed i porci diedero il luogo detto Frassineto, pagando però i greci per questi pascoli annualmente quattro solidi d’oro al monastero di Fiore. Per queste terre e per l’obbedienza l’abate dei Tre Fanciulli doveva però versare ai monaci di Fiore altri due solidi d’oro all’anno. I tempi erano mutati appena Costanza spirò i Greci iniziarono a far la rivolta ai Florensi ottennero ancora di avere in perpetuo terre arabili, capaci di accogliere 30 moggi di seme in località Salice. I monaci greci non vollero sottomettersi al monastero di Fiore e portando con sé le armi aggredirono i frati rivali, che stavano pascolando il gregge del monastero. Le violenze non cessarono. Non passò molto tempo che, radunatosi in maggior numero con una moltitudine di gente armata, i greci invasero il monastero suffraganeo di Bono Ligno; assalirono e cacciarono via i monaci, distrussero i magazzini e saccheggiarono i beni. Dopo questi avvenimenti la situazione non migliorò e Gioacchino decise di giocarsi la carta delle conoscenza altolocate. Decise di interepellare Bartolomeo familiare del Re per ottenere i suoi favori. L'incontro tra i due si tenne nel maniero Normanno di Nicotera posto adatto per chiedere aiuto. Gioacchino voleva giustizia l'udienza coll'arcivescovo fu chiarificatrice Gioacchino passò un giorno e una notte a Nicotera. Perseverando nel chiedere giustizia per le incursioni ed i danni subiti dal suo monastero, dietro interessamento dell’arcivescovo ottenne che fossero mandate delle lettere da parte del re che ordinavano di non lasciare impuniti gli eccessi, ma di fare giustizia delle ingiurie secondo il diritto e la ragione. L' incontro fatto a Nicotera passò alla storia, poiché i tentativi dell'ecclesiastico furono vani. L’arcivescovo di Palermo convocò l’abate dei Tre Fanciulli, affinché di persona, o per altri, si presentasse per definire in sua presenza la causa, ma questi né si recò, né invio alcuno. Allora l’arcivescovo, dopo aver esaminato la testimonianza dell’arcivescovo di Capua, che illustrava la controversia, così come aveva avuto origine e come era stata decisa dalla curia imperiale dopo la morte dell’imperatrice, egli in Palermo il 29 aprile 1199 emise sentenza a favore del monastero di Fiore ed il 25 maggio 1199 da Corigliano ordinava all’arcivescovo di Cosenza Bonomo, all’abate di Sant’Eufemia Riccardo, a Simeone de Mamistra, capitano, comestabile e giustiziere di Val di Crati, Sinni e Laino, a Gugliemo de Bisignano, a Ruggero, figlio di Joele, ad Alessandro figlio di Guglielmo ed ai regi giustizieri, ai quali erano state indirizzate le lettere regie, di eseguirla tutti assieme o almeno tre di loro. La sentenza stabiliva il risarcimento dei danni compiuti dai monaci greci e dagli abitanti di Caccuri e preservava i monaci di Fiore da ulteriori saccheggi ed incursioni. L’arcivescovo di Cosenza, Bonomo, l’abate di S. Eufemia Riccardo, Guglielmo di Bisignano ed il figlio Alessandro, regio giustiziere di Val di Crati, avute le lettere e la sentenza emanata dall’arcivescovo Bartolomeo, si impegnarono a confermarla anche perché all’arcivescovo Bonomo ed al giustiziere era stato raccomandato con lettera papale di proteggere dalle incursioni di uomini male intenzionati il monastero di Fiore. Per tale scopo l’abate Gioacchino andò a Cosenza mentre l’abate dei Tre Fanciulli mandò solo un nunzio a riferire che era ammalato. Con l'incontro di Nicotera il Florense vinse una battaglia ma non la guerra. Non passò molto tempo che la lite sopita riprese.

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