Vi porto alla Ferdinandea... nell'antica fonderia del Reggino.



di Maria Lombardo


 Dopo vent'anni di neo meridionalismo e dopo aver confutato tesi sconfusionate tra i tanti camionisti, pescivendoli, marmisti ex avvocati in pensione e persino persone con diplomini dell'artistico che ripetono con fare perentorio dopo aver letto il cult del meridionalismo, che si riduce ad un solo libro a testa che la Ferdinandea era la casa di caccia di Ferdinando II. Il quale veniva in queste terre a ritemprarsi! Ben altri lidi possiede la storia e questo è il male di chi va ad ascoltare conferenze da inesperti e pennivendoli che abusano di una professione che non è la loro. Tutto quello che rimane dell'antica fonderia della Ferdinandea si trova nella vallata dello Stilaro sul Monte Pecoraro. Un luogo dove tutto è espressione ed evocazione del passaggio Borbonico tra questi faggeti e castagneti. Era il 1833 quando Sua Maestà Ferdinando II fa inaugurare questa fonderia satellite di Mongiana. Tuttavia ancora oggi si crede erroneamente sia la casa di caccia del Re Borbone!. Eppure si è conosciuto sempre la stessa nenia di questa Calabria ultima della classe che ha dovuto dimenticare il periodo in cui intraprendeva e produceva. La fonderia comunque produsse per poco tempo alle dipendenze del ramo aziendale principale, e di cui seguì poi le sorti catastrofiche. Essendo una vasta area fra i territori di Brognaturo, Serra San Bruno, Mongiana, Stilo e Bivongi oltre all'opificio riusciva ad ospitare un villino, la caserma, le scuderie, le stalle, le residenze e gli edifici adibiti all'amministrazione ed infine l'opificio con tutta la sua modernità. Essendo una succursale lavorava la limonite estratta dalle 30 bocche di miniere di Pazzano ed il ferro del vicino Monte Stella. Produceva delle armi soddisfacendo un quarto delle richieste del bel Reame ed una vasta gamma di altri prodotti per le esigenze civili. Il ciclone rosso si abbattè inesorabile il 27 agosto del '60 che requisiva la succursale e ne decretò la lenta agonia. I nuovi padroni, ben presto, si dimostrarono assai meno caritatevoli di quelli appena scalzati. Tra il 1874-'75 l'intero territorio passò nelle mani di Don Achille Fazzari, che l’acquistava all’asta insieme agli stabilimenti di Mongiana ed a diversi beni accessori. L'asta a estinzione di candela si svolse nei locali dell'Intendenza di Catanzaro 60 giorni dopo la pubblicazione del bando emesso il 25 giugno '74. All'asta parteciparono l'avvocato e deputato Bernardino Grimaldi,Luigi Pirandino e l'avvocato Giuseppe Rossi in rappresentanza di Don Fazzari. Nel prezzo non erano compresi minerali, macchine, utensili,oggetti e mobili pagati a parte. Tanto per la cronaca si giunse al prezzo di un milione dopo aver fatto bruciare 36 candele. E' chiaro che l'ex sarto tentò qualche tentativo seppur goffo di ammodernamento tipo sulla vecchia segheria, dove 11 anni dopo fece portare una dinamo mentre ostentò lusso alla dimora. A Ferdinandea collocò oggetti acquistati all'asta, insieme ad altre di dubbia provenienza. Una serie di vasi greci, il sarcofago di Ruggero II sottratto ai ruderi della Certosa, un busto di Ruggero e di altri che dispose intorno al sarcofago. Inoltre un busto di Napoleone scolpito dal Canova ed il letto dove dormì Napoleone in esilio. Certamente sempre a proposito di Achille alcuni archeologi sostenevano di un ritrovamento a Monasterace di un tempietto dorico, fu appunto Fazzari che lo fece smantellare per impiantare una banchina in legno per far giungere il suo battello. Una mareggiata si portò via il progetto! Ospitò nelle sue stanze il fondatore del “Il mattino” di Napoli, Edoardo Scarfoglio e la di lui moglie, Matilde Serao. Fu proprio la scrittrice che dedicò parole di lode a questo luogo ed accostava Ferdinandea al leggendario “castello incantato di Parsifal”. Fazzari aveva fatto della sua dimora una sorta di eterogeneo e caotico museo. Quando la Serao giunse a Monasterace dopo 20 ore di viaggio da Napoli lo stesso Don Achille si prestò a farle da cocchiere dalla stazione fino alla sua casa-museo. E proprio nei boschi di Ferdinandea sorgerà nel 1910, ad opera di Cino Canzio, compagno della figlia di Fazzari, Elsa, la prima azienda idroelettrica della zona. Ma la decadenza era dietro l'angolo e giungeva inesorabile. Purtroppo di tutto questo progresso alla fine non rimase che la fonte della Mangiatorella e le attività dei boschi. Per il resto, un lento, inesorabile declino testimoniato dagli immensi capannoni abbandonati ed ormai cadenti, dagli alloggi per gli operai e dal nucleo centrale sul quale incombe inesorabile la scure del tempo. Oggi questo patrimonio di archeologia industriale fa parte meritatamente dell'Ecomuseo delle Ferriere e delle Fonderie di Calabria.

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