L’unica colonna di ordine dorico della Magna Grecia rimasta in piedi la potete ammirare nel Parco Archeologico a Capo Colonna (KR)






 

di Maria Lombardo 


 Il santuario era stato edificato nel V secolo a.C. ed era anche chiamato di Hera Eleytheria, come resta testimoniato da un’iscrizione sul cippo del Lacinion, al Museo Archeologico Nazionale di Crotone. Nel XVI secolo fu quasi completamente saccheggiato per riutilizzare i materiali nella costruzione del castello e del porto di Crotone. Il tempio era costituito da una pianta rettangolare e 50 colonne, con 6 colonne sulle facciate e 19 sui lati lunghi, alte circa 8 metri. Il tetto era di lastre e tegole in marmo come testimoniano i resti ora conservati nel museo di Crotone. Nulla si sa delle decorazioni che, però, erano certo presenti, come si può dedurre dal ritrovamento di una testa femminile in marmo e pochi altri frammenti. Questo edificio sacro è infatti l’unico di ordine dorico in Magna Grecia ad essere decorato da sculture di marmo. Il momento di massima fioritura del santuario si manifesta tra il V ed il III secolo a.C. per il ruolo primario assunto a livello politico. Nel III secolo a.C., ospita Annibale in ritirata, che dedicherà nel santuario due tabelle bronzee con il racconto delle sue imprese. Molto noti nell’antichità anche i tesori (anathemata) del santuario, tra cui figurava un celebre dipinto di Zeusi: il ritratto di Elena (Cic., De inv., II, 1,1). Di tutto l’edificio sacro, oggi, si è conservata una sola colonna alta 8,30 metri, che è diventata il simbolo del sito, con capitello dorico e un fusto che ha 20 scanalature piatte composto da 8 rocchi sovrapposti. La colonna fino al 1638 era affiancata da un’altra caduta per un terremoto e poggia sui pochi resti del possente stilobate. Poco distante dalla colonna del tempio dorico si erge il faro moderno, bianco, bello, da cartolina. Nel settore settentrionale del promontorio sull’estremità nord del temenos, è stato messo in evidenza un piccolo centro romano, costruito su evidenze arcaiche. L’abitato, la cui prima fase si data alla metà del II secolo a.C., si stanzia nelle terre libere del santuario e si articola su due strade principali larghe 8,50 m. parallele alla via sacra quindi orientate nord-est sud-ovest, intersecate a vie minori larghe 2,50 m.. Le unità abitative presentano un modulo base rettangolare di 7,50x3,80 m. Nell’abitato è stato riconosciuto un ambiente a carattere sacro da cui proviene un busto fittile femminile e due thymiateria di calcare. L’edificio a carattere pubblico più importante fino ad ora messo in luce è il complesso del balneum (18x22m.). Verso la fine del I secolo a.C. sull’estremità nord est dell’abitato viene edificata una domus che copre una superficie di circa 2100 mq. la cui vita è molto breve in quanto l’abbandono si verifica già attorno al 30 d.C.. La fase di decadenza e il progressivo abbandono dell’abitato del Lacinio inizia probabilmente dopo l’assedio di Sesto Pompeo nel 36 a.C.. Della maestosità del luogo in epoche remoto ci è data testimonianza da tanti elementi rinvenuti sul luogo, tanti gioielli in oro, vasi in terracotta e tanti altri doni portati dai pellegrini devoti, tra cui la laminetta bronzea datata al IV secolo a.C. con iscrizione ad Hera Lacinia ( “tas Heras tas Lakinìas”), il famoso Diadema Aureo e la misteriosa Bacchetta Nuragica, che oggi sono custoditi proprio nel museo di Crotone nel prestigioso "Tesoro di Hera". La località non ha perso l’importanza sacra che ha sempre avuto, infatti sulle rovine del tempio pagano è situato il Santuario di Santa Maria di Capo Colonna, distrutto, ristrutturato e ampliato nel corso dei secoli, ma presente già nel 1519 come risulta da storici manoscritti che descrivono che sul luogo esisteva una piccola chiesa dove si venerava l’immagine della Madonna e dove è narrato di come il dipinto si sia salvato miracolosamente dalle mani dei turchi che ne depredarono l’area. Proprio davanti alla chiesa si trova un importante elemento di difesa, la torre del Capo Nao, conosciuta come Torre Nao, costruita dagli spagnoli nel XVI secolo come elemento di difesa dagli attacchi dei turchi. La torre è un corpo quadrangolare contraffortato nella parte inferiore, al quale si accedeva grazie ad una scala piuttosto alta che immetteva ad un piano rialzato e che era collegata ad essa da un ponte di legno, retraibile in caso di necessità. Le merlature della torre hanno le caditoie aperte per colare pece o olio bollente, o qualunque altro deterrente che potesse frenare gli eventuali assalitori. Poco distante dalla chiesa e da Torre Nao, sempre lungo il promontorio e all’interno del perimetro del Parco Archeologico, si trova un piccolo bunker della 2° Guerra Mondiale. Una casamatta di cemento armato, a cupoletta, con quattro feritoie sui lati per il posizionamento dei mitra e una piccola porta per consentire ingresso e uscita del soldato di turno. Questo luogo dalla storia millenaria, tra sacro e profano, alleanze e guerre, immerso in una natura aspra e selvaggia, ancora oggi mantiene il suo fascino lontano dai luoghi comuni visti e rivisti e merita certamente una visita per riscoprire una parte delle nostre radici che fondano su una cultura piena di arte e spiritualità.


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