La Razzona la Ferriera privata di Carlo Filangeri in Calabria coeva a Mongiana
di Maria Lombardo
Il
primo maggio del 1816 Cardinale cittadina del versante ionico calabrese, subì
il riassetto dato dai Borbone alla Calabria, a seguito della Restaurazione.
Posizionata nel circuito del Principato di Satriano è balzata agli onori grazie
alla figura di Carlo Filangeri, e della lungimiranza dello stratega, di
posizionare sua ferriera privata alla Razzona zona montuosa del Cardinalese.
Studiata da uno degli storici più in
voga John A. Davis in Società ed imprenditori nel Regno Borbonico Laterza Bari
1979 a pag 20 annota:” la ferriera di Cardinale è conosciuta a pochi”. La
Razzona posizionata nel complesso del Principato di Satriano venne ereditata a
conti fatti dal giovane militare Carlo Filangeri, figlio dell'illustrissimo
Gaetano Filangeri, gli storici locali tra cui spicca Cirillo autore di “Cardinale e la sua storia” Edizioni Sud
Grafica pag 48 mette nero su bianco quanto detto:” Satriano, Isca, Sant'
Andrea, San Sosti, Badolato, Spadola Torre Ruggero e Cardinale in cui ricade
località Razzona, formavano il principato di Satriano (..) affidato ai
Ravaschieri Fieschi, già signori di Badolato”, ottenuto dal casato Ravaschieri
il 10 maggio 1611. Tuttavia, di eredità in eredità il principato giunse nelle
mani di Ettore Ravaschieri che rimasto senza eredi optò di concedere il
territorio al nipote Carlo Filangeri. Interviene per ribadire il concetto
nuovamente il Cirillo nell'opera già citata ed a pag 49 dice:” intorno, al
1818, il principato di Satriano ed il ducato di Cardinale li cedette
al nipote Carlo Filangeri”.
Proprio nel '17 egli ottenne, per i buoni uffici di una zia maritata
Ravaschieri, i titoli, ormai solo nominali, di principe di Satriano e duca di
Cardinale. Sebbene il giovane militare
nacque a Cava de' Tirreni nel Salernitano ereditò tali possedimenti calabresi
che tenne sempre a cuore, sicuramente per la posizione di un' antico castello
la cui data di edificazione è difficile
stabilire, il Cirillo infatti aggiunge: ”il castello della Razzona non è stato
costruito da Carlo che ne ebbe lascito
da Filippo solo nel 1818”. Inoltre secondo studi si è potuto riscontrare
che il maniero della Razzona fosse già edificato nel 1783 quando Carlo non era
ancora nato ed in quelle circostanze l'anno successivo ricevette delle
modifiche. Modifiche pagate a due abitanti di Cardinale Giuseppe Staglianò e
Mario da Chiaravalle. Francesco Squillace annota nella sua operetta apparsa in
web:” Su alcuni manoscritti della Scienza della Legislazione reperito nel
castello di Razzona si legge nota dei
denari pagati in conto delle fabbriche fatte e che sta facendo a Giuseppe
Staglianò e Mario da Chiaravalle sulla ferriera del Principe di Satriano in
Razzona”. Il casino della Razzona fu comunque pagato una somma ragguardevole
dal Ravaschieri ma resta il fatto che :” la cifra in numeri romani è
indecifrabile”, ovviamente annotati mese per mese si riferivano ai guasti
apportati dal sisma del 1783. Nel borgo affacciato sullo Ionio, i Ravaschieri
avevano posseduto una fortezza, donde il nome dialettale di “Picocca” (bicocca)
per indicare Satriano; e un grande palazzo a stento riconoscibile per
abbandono, riuso e superfetazioni. Sebbene Carlo, il nuovo proprietario
personalità politica e militare ricordiamo ai lettori che fu lui che sedò “la
repressione Siciliana del 1848-'49” non trascurò mai i rapporti con Cardinale e
spesso si trovò nel Borgo a trascorrere giorni di riposo, allacciando con la
cittadinanza un legame indissolubile si narra nelle fonti locali che fece da
compares a molti bambini. Ad ogni modo la prova tangibile del legame tra Carlo
e Satriano si può notare nell'edificazione del fiore all'occhiello del luogo:
la famosa ferriera privata di rione Razzona del 1824, assieme al complesso di
Mongiana creavano il complesso delle ferriere calabresi. In effetti nel territorio di Cardinale il loro cespite
più notevole era la Razzona, azienda in spagnolo, castelletto di caccia con
attorno un vastissimo bosco. L’industria boschiva era esercitata con seghe
idrauliche: “a serr’e l’acqua”. C’erano anche mulini e “vottanderi”, le
gualchiere per sfilacciare la ginestra e altre fibre tessili. Del resto il
toponimo stesso, in dialetto “Cardinaru”, quasi certamente fa riferimento ai
cardatori di lana. Filangieri, che appare legato più a Cardinale, dove si
recava spesso, che a Satriano, diede vita nella Razzona a una ferriera
(“magone”). Essendo comunque ferriera privata non era consentito l'utilizzo:”
del ferro di Pazzano come accadeva per Mongiana” ma era costretta ad acquistare
il ferro dall'Isola d'Elba con maggiori costi, situazione che non gli impedì di
ascendere sotto il potere economico. La vicinanza col fiume Ancinale ed un
folto bosco fecero il resto, Carlo impiantò nella seconda metà degli anni '20
del 1800 questa piccola ma attrezzata ferriera :” che lavorava il ferro
dell'Isola d'Elba “ citano gli storici locali ed usava come combustibile il
legno della Razzona e come forza l'acqua abbondante dello stesso luogo. Carlo spesso animato “dallo spirito del
progresso (…) come omaggio alla tradizione illuministica paterna “, unendo con
impegno cure e dovere riusciva così a produrre 3.600 cantaja di ferro annuali.
Occupava circa 200 operai si vuole che il primo ponte di ferro d’Italia e uno
dei primissimi d’Europa, quello di Minturno sul Garigliano, sia stato prefuso a
Razzona, e non, come di ripete, nella fabbrica statale di Mongiana. In pochi
anni il Filangeri riuscì ad impiantare sei fucine alla Catalana, l' impianto
avvenne senza aiuti dallo Stato, ma
utilizzando il patrimonio personale del condottiero borbonico. Fino al 1855 la
ferriera lavorò in gran lena quando secondo le annotazioni del Petracchi :”
andò distrutta nell'alluvione di quell'anno”. Rinunciò infine, e si ritirò a
vita privata. Filangieri la offrì in vendita agli abbienti di Cardinale, e la
comprò un Pelagi, i cui numerosi discendenti la posseggono molto parcellizzata.
Molto tardivamente, e venendo a morte assai prima che non si aspettasse,
Ferdinando affidò a Filangieri il figlio ed erede Francesco II. Una lapide,
ritrovata da Mario Monteverdi, ricorda l’avventura industriale di Razzona: A
Carlo Filangieri / Principe di Satriano / per animo e per ingegno / non
dissimile a Gaetano svo padre / e per gli egregi svoi fatti di gverra / gloria
e decoro delle napolitane milizie / il cavaliere Saverio Amirante / rettore di
queste magone / in testimonio / di grato e devoto animo / l'anno 1856 /
Francesco Antonio Stagliano' / esegvi'. La cittadina di Chiaravalle ottenne dal
Filangeri molti privilegi a quel tempo
lo si chiamava solo il Principe all'interno del borgo, questi privilegi si
videro dall'edificazione di Palazzo Lentini ubicato nel centro del paesello
ionico, che ospitò il noto Generale borbonico fino al 1860 quando si battè per
la difesa della casa Reale durante la caduta del Regno, il palazzo infatti da
quel momento passò al Lentini che ne prese possesso. La nota ferriera che
orograficamente è separata dal fiume
Ancinale dal centro abitato di Chiaravalle pone in primo piano l'alleanza tra
il noto stratega Duosiciliano e gli abitanti di Chiaravalle i quali forgiarono
per lui un busto in ghisa per suggellare
il rapporto tra il Principe ed i Chiaravallesi. Tanto è vero che secondo gli
studi dei Regestri Parrocchiali in ispecie quelli di morte a Chiaravalle in
quel periodo vi erano 120 morti col titolo di “maestri in qualità ferriera”.
Il testo originale andrebbe un po' sistemato nella sintassi e con qualche nota, altrimenti si capisce poco. Grazie comunque.
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