Un vino calabrese raro e difficile da trovare: il Chiarello di Cirella.

Crediti foto: www.vivino.com
 

di Maria Lombardo


 

Cirella, frazione del Comune di Diamante è stata teatro di un momento di approfondimento ed assaggio di questo vino praticamente scomparso che da pochi anni è stato risuscitato grazie alla tenacia dell'Associazione Culturale Cerillae. Era un vino famoso nel ‘500 vino passito  apprezzato dalle corti italiane del Rinascimento e fu amato particolarmente da Papa Paolo III Farnese nel 1500; il suo storico bottigliere Sante Lancerio lo inserisce tra i 53 vini migliori d'Italia nel suo libro I Vini d'Italia. Una ristampa del libro è stata messa a disposizione dei presenti durante la serata. Lancerio cosi scrive: «Viene da una terra denominata Chiarella (Cirella) nella provincia di Calabria distante dal mare tre miglia. Questo vino è molto buono et era stimato da Sua Santità e da tutti li prelati della corte. Ne vengono assai, i quali si vendono per Chiarello, ma volendo conoscere se siano di Chiarella e la loro perfetta bontà, bisogna che sia di colore acceso più che l'oro et odorifero assai, ché non odorando sarebbe di Grisolia od Orsomarso…». Giulia Orsini sposa di Pietro Antonio Sanseverino fu promotrice di questo nettare introducendolo al desco del Papa Giulio II della Rovere. Dopo la sua morte il Sanseverino sposò la pronipote dell’eroe nazionale albanese Skanderbeg, Irina Castriota e a quanto pare anch’essa risultò una gloriosa ambasciatrice del Chiarello di Cirella, promuovendolo ovunque in Europa. Dopo la fiorente ascesa e giusta fama internazionale di quei tempi, il Chiarello scomparve lentamente e dal '800 in poi non si hanno più notizie sulla sua produzione fino a qualche anno fa quando un gruppo di studiosi entusiasti decidono di farlo tornare in vita. Per questo è stato impiantato un vigneto di circa un ettaro con il vitigno autoctono tradizionale Adduraca  da cui la cantina Verbicaro Viti e Vino Srl produce circa cinquemila bottiglie da 0,5 litri di squisito Chiarello di Cirella. Il Chiarello proprio in virtù della sua dolcezza si guadagnò la prima fama internazionale. Non solo l'alto contenuto di zucchero impediva il deterioramento durante il trasporto fuori regione, ma lo zucchero stesso godeva dello status di lusso all'epoca: il tipo di intensa dolcezza trovata in una bottiglia di passito era inseparabile dalla sua aura di splendore aristocratico.

(fonte web)

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