IL PARCO ARCHEOLOGICO DI TIRIOLO (CZ) POTRETE AMMIRARE IL PALAZZO DEI DELFINI UN VERO UNICUM
di Maria Lombardo
Avete mai visitato il Museo e il Parco Archeologico di
Tiriolo? Tiriolo è un piccolo borgo della Sila Piccola, nel punto più stretto
d’Italia, l’istmo di Catanzaro. Dalla cima di Monte Tiriolo, che domina sul
paese, è possibile spaziare con lo sguardo a 360°, avendo la possibilità di
osservare da un unico punto il mar Ionio e quello Tirreno, la Sila e le Serre,
l'Arcipelago delle Eolie con lo Stromboli fumante, e in lontananza la cima
innevata dell’Etna. La leggenda fa risalire le origini dell’insediamento di
Tiriolo a genti elleniche sei secoli prima della guerra di Troia o addirittura
lo identifica con la mitica Scherìa, patria dell’omerico popolo dei Feaci.
Ritrovamenti archeologici avvalorano l’ipotesi! Per la favorevole posizione, che permetteva il
controllo economico e difensivo sull’intero lembo di terra che separa i due
mari, fu colonia di tutte le popolazioni che occuparono il territorio calabro,
dai brettii ai romani, dai bizantini ai normanni, e poi gli angioini, gli aragonesi.
Ma è con la famiglia ligure Cigala-Doria che ebbe il suo massimo
splendore,infatti, in data 31 luglio 1610, essa acquistò per ottantamila ducati
la Baronia di Tiriolo con i Casali di Settingiano e Miglierina, la Terra di
Rocca Falluca, con i Casali di Arenoso e Caraffa, e la Terra di Gimigliano,
facendo diventare la zona una delle più importanti della regione per
l’allevamento del baco da seta (nutricato), data la vicinanza con Catanzaro,
appunto “la città della seta”. Molti, però, avevano dimenticato quanto grande
era il passato di questo “anonimo” paesino, fino a quando fu scoperto per caso
un vero e proprio tesoro sotto l’ex campo sportivo: tra il 2014 e il 2016, fu
rinvenuto un fitto reticolo di strutture murarie e di piani pavimentali,
sepolto ad una profondità compresa tra i 15 e i 90 centimetri dall’attuale
piano di campagna, relativo a diverse fasi insediative antiche sotto la collina
di Giammartino, alle spalle del palazzo dei feudatari Cigala, a conclusione di
lavori preliminari di scavo archeologico che hanno interessato l’area.
L’intervento è stato attuato sotto la direzione scientifica della Soprintendenza,
in accordo con l’Amministrazione Comunale, dal personale della società ISA
Restauri e con il coordinamento tecnico dell’archeologo Ricardo Stocco. Fu la
conferma dell’esistenza di un centro abitato di grande pregio dotato di edifici
sontuosi, frequentato tra il IV secolo a.C. e l’età romana. Probabilmente
l’area di Giammartino costituiva una vera e propria area pubblica e un centro
molto importante della vita politica della comunità brettia. Nel 2016 la zona è
stata provvista di una copertura e di pannelli esplicativi ed inaugurata come Parco
Archeologico Urbano Giammartino. Gli scavi hanno riportato alla luce alcune
strutture riferibili ad un grande edificio, denominato dagli archeologi “Il Palazzo
dei Delfini”, splendidamente decorato e in eccezionale stato di conservazione,
riferibile alla cultura dei Brettii e databile, sulla base delle informazioni
al momento disponibili, al IV-III sec. a.C. Un unicum, relativo alla
frequentazione brettia dell’entroterra catanzarese che conferma Tiriolo antica
come uno dei più rilevanti centri pre-romani dell’intero istmo Lametino, gli
elevati si conservano infatti per 1.5 m di altezza, e sono ancora
splendidamente intonacati e dipinti. Il lungo lavoro dei tecnici ha permesso di
documentare le diverse fasi di costruzione, ristrutturazione e riuso dell’edificio,
prima che venisse distrutto da un violento incendio che ne determinò il crollo
e la sostanziale cancellazione. Le strutture rinvenute si articolano in un
lungo corridoio colonnato, sul quale si aprono vari ambienti: ad ovest vi sono
una stanza, pavimentata con cocciopesto e con un riquadro centrale in mosaico
che raffigura due delfini e un terzo pesce non ancora identificato; una seconda
stanza con porta monumentale dal ricchissimo apparato architettonico,
all’interno della quale non si sono conservati piani pavimentali. Ad est del
corridoio si aprono una terza stanza, pavimentata con cocciopesto decorato con
motivi geometrici, e un grande atrio-vasca solo in parte scavato. Non è
possibile al momento definire con sicurezza quale fosse l’originaria
destinazione d’uso dell’edificio, tuttavia, numerosi indizi farebbero pensare
che, almeno in parte, esso avesse una funzione religioso-sacrale. Il “Palazzo dei Delfini” rappresenta, in ogni
caso, uno straordinario unicum relativo alla frequentazione brettia
dell’entroterra catanzarese e conferma Tiriolo antica come uno dei più
rilevanti centri preromani dell’intero istmo catanzarese. Importanti sono i
ritrovamenti di manufatti bronzei e ceramici, e soprattutto dei capitelli
dorici risparmiati dall’incendio che ha distrutto l’edificio: essi sono in
pietra dipinti in rosso e nero, con una decorazione a palmetta. L’altro
ritrovamento importante è il tesoretto di circa 300 monete, alcune d’argento
puniche e tre gruzzoli di monete brettie di bronzo, parecchie non ultimate, il
che suggerirebbe la presenza della zecca e, di conseguenza, l’importanza di Tiriolo
all’interno della confederazione brettia. Numerose monete brettie sono esposte
nell’Antiquarium: su di esse sono ritratti prevalentemente gli dei facenti
parte del pantheon greco, per cui vi troviamo ritratti Poseidone, Teti, i
Dioscuri, la Nike. Nei pressi del palazzo si suppone, inoltre, la presenza di
un tribunale e a suggerirlo è il ritrovamento di una laminetta di piombo su cui
è incisa una maledizione le cui “vittime” sono dei giudici, rei di aver
favorito una donna durante un processo. La laminetta, risalente al IV secolo,
utilizza l’alfabeto greco, segno questo di rapporti stranamente pacifici tra i
Greci della costa e i Brettii dell’interno: in effetti nella seconda metà del
III secolo a.C. è verosimile si sia giunti ad un processo di fusione culturale
tra le popolazioni elleniche e quelle Brettie che ha portato queste ultime ad
assumere abitudini e strutture grafico-linguistiche greche.
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