Ibico, un poeta greco che nacque a Rhegion (oggi Reggio Calabria)
di Maria Lombardo
Nacque intorno al 570 a.C., da una famiglia nobile. Si formò
presso la scuola lirica di Stesicoro. Viaggiò molto e visse a Samo alla corte
del tiranno Policrate dove incontrò il poeta Anacreonte. Cicerone lo considerò
il poeta d'amore più ardente degli altri poeti della Magna Grecia. Si narra che
Ibico ideò la Lira Fenicia o sambuca, strumento musicale simile all’arpa, ma
molto più contenuto. Circa la sua morte, probabilmente a Corinto, si racconta
che: «Ferito a morte dai ladri nei pressi di Corinto, il poeta in punto di
morte vide uno stormo di gru e le pregò di vendicare la sua morte. I ladri nel
frattempo giunsero a Corinto e, poco dopo seduti nel teatro, videro le gru
sopra le loro teste. Uno di loro, sorpreso, esclamò: "Guardate, i
vendicatori di Ibico!", così la gente capì cosa era successo accusando gli
autori del delitto.»
(Plutarco, De garrulitate, XIV)
Forse tale leggenda nacque per l'analogia tra il nome del
poeta e il nome di una specie di gru. Annoverato dagli alessandrini tra i nove
poeti lirici, Ibico scrisse vari carmi raccolti in sette libri.
«È diceria popolare che i lirici avessero la predilezione
per le poesie di argomento Paidico. Queste cose si riferiscono anche agli
amori, che riguardano Alceo e Ibico e Anacreonte»
(Scolio a Pindaro, Istmica II, 1)
Tuttavia la maggior parte della sua produzione è andata
perduta, e di queste composizioni poetiche possediamo oggi solo una sessantina
di frammenti. Uno di questi, conservato da un papiro, permette di leggere la
parte finale del cosiddetto Encomio di Policrate, in cui Ibico elenca
situazioni ed eroi della guerra di Troia aggiungendo però di non volersi
occupare di questo argomento.
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