Leonzio Pilato il più grande studioso del Medioevo
di Maria Lombardo
Leonzio Pilato è il Padre dell'Umanesimo occidentale. Mai,
amor mi fu tanto caro! Il più grande Studioso, Intellettuale e Letterato,
Mitografo meridionale del Medioevo. Nato a Seminara, verso il 1313. Fino a 40 anni fa, di Leonzio Pilato nulla si
sapeva. Soffice piuma confusa, dal vento, tra le polveri di scarto. Francesco
Petrarca, dicendo di Lui e del suo pessimo carattere di arcigno greco meridionale, lo condannò alla damnatio
memoriae, pur avendo visto, attraverso
Lui, la luce della sapienza del mondo classico. Allevato da Barlaam,
secondo Scuola e disciplina bizantina che imponeva l'addestramento dei bimbi allo
studio e alla traduzione dei codici antichi, si presume che Leonzio Pilato
all'età di 7 anni, fosse stato addestrato da Barlaam a tradurre i codici
classici dal greco in latino, come in uso nelle Scuole presso i Monasteri
Ortodossi. La prima notizia certa, su Leonzio adulto, ci viene riferita da
Boccaccio quando apprende il significato del Mito di Prometeo dalle parole di
Paolo da Perugia, custode della più grande e fornita Biblioteca d'Europa:
quella Napoletana di Roberto d'Angiò.
Spiegazione che Paolo da Perugia aveva ricevuto da Leonzio Pilato, che al suo
cospetto si era presentato come Auditor (
allievo) del grande Barlaam. Ma pare, che, in effetti, gran parte della stessa
opera fu scritta o dettata da Barlaam.
Come, pare, ma è sicuro, che gran parte delle fonti a cui attinse Giovanni
Boccaccio, nel comporre la sua Genealogia degli Dei Gentili, derivassero dagli
appunti di Leonzio Pilato. Dopo 10 anni che Leonzio era rimasto a Creta per
perfezionarsi nella lingua greca, lo ritroviamo a Padova, il 5 dicembre 1358,
straccione, senzatetto e mentre cercava l'elemosina in Piazza della Ragione,
per mantenersi ai corsi di laurea presso lo Studium Padovano. Qui incontrò,
perchè a Lui indirizzato, Francesco Petrarca, che era un Dio in terra e uno
degli uomini più ricchi, egoisti, superbi e
potenti di quel tempo. Petrarca, sapendo di questo straccione Calabrese,
(sporco, ostico, puzzolente, con i capelli in disordine, ma la più grande mente
esistente nella conoscenza delle favole greche, come lo descrive,
dettagliatamente, Giovanni Boccaccio nelle
Geneologie, libro XV) che
recitava l'Iliade, in latino, dando consigli ad un avvocato per affrontare
cause difficili, andò a trovarlo e gli propose di fare una cosa, mai tentata al
mondo: la traduzione, dal greco in latino, dell'Iliade e dell'Odissea. Leonzio,
pur riluttante, perchè aveva in odio gli uomini col piglio padronale, accettò
per fame e con modesta mercede. Ma, poco
durò il suo tempo col Petrarca! Per contrasti circa la sua tecnica antica di
affrontare la Translatio, verbum de verbo, Katà podà, mentre Petrarca
pretendeva la traduzione a senso, traendo,
dall'Opera di Omero, personali motivi per nuove riflessioni estetiche,
morali e politiche e accentuasse, così, il contrasto tra l'antico e il nuovo,
arrivato alla traduzione del verso 3401 del V libro dell'Iliade, Leonzio, dopo
l'ennesimo richiamo del Petrarca "
fac citius, fac citius- fai presto, fai presto", lasciò il lavoro
col Petrarca. Petrarca aveva e soffriva la pecca di non conoscere il greco e,
da grande Intellettuale qual era, oltre ad essere sospettato di finanziare
ladri e trafficanti di manoscritti, sapeva l'importanza, per lui,
dell'entrare in possesso, prima di tutti gli altri al mondo, del fiume di
notizie contenute nell'Iliade e nell'Odissea. Fu Giovanni Boccaccio il quale,
implorato da Petrarca, intercettò Leonzio Pilato sulla strada verso Avignone.
Lo portò con sè a Firenze, facendolo mettere a stipendio dalla Repubblica Fiorentina
come fondatore e insegnante presso la prima cattedra di Greco in Italia. Leonzio
Pilato, tra il 1358 e il 1360, tradusse tutta l'Iliade e l'Odissea e l'Ecuba di
Euripide. A Pisa, tradusse il Digesto, parte greca delle Pandette. Nel 1363,
dopo un'ulteriore scontro con Francesco
Petrarca, a Venezia, s’imbarcò per Costantinopoli dove, per campare, dava
lezioni di greco ai giovani rampolli veneziani e tradusse la Fisica di
Aristotele. Da un frammento ritrovato, risulta che Leonzio era un laureato.
Cioè, a Padova, Leonzio Pilato raggiunse la massima onorificenza di studi, la
Laurea. In Italia, allora, i laureati erano sì e no 5.
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