Raffaele Piria scienziato e liberale Calabrese


 di Maria Lombardo

«A Raffaele Piria, scienziato sommo, che l’ufficio del pensiero intese, come investigazione e redenzione, scopritore cittadino milite ad ogni età civile, parrà esempio completo del tipo umano». Le parole

incise nella lapide posta il 2 giugno 1895 sulla facciata della casa natale dello scienziato a Scilla. Ebbene si nacque a Scilla il 20 agosto 1814. Patriota, politico e professore, Raffaele Piria fu soprattutto chimico di fama mondiale, il cui nome «decoro della patria nostra, rimarrà onorato negli annali della scienza» dichiarò il presidente del Senato del Regno d’Italia, Gabrio Casati nel 1865 all’indomani della sua scomparsa. Fu lui che scoprì l’acido acetilsalicilico che diede il via all’aspirina che tutti oggi assumiamo. Seppur nato a Scilla crebbe a Palmi con uno zio ricco che gli permise di studiare a Reggio e poi a Napoli. Accortosi della sua passione per la chimica, «una vera e propria vocazione» come dirà l’allievo Stanislao Cannizzaro, il docente Francesco Lancillotti lo scelse come collaboratore. Per far contento lo zio che sognava per lui una carriera prestigiosa, Piria iniziò a praticare la professione medica ma rendendosi conto che i suoi interessi non potevano essere coltivati nell’ambiente napoletano, convinse lo zio a finanziare il suo soggiorno a Parigi. Era il 1837 quando Piria entrò in contatto con i più illustri chimici europei e iniziò a collaborare con il luminare Jean Baptiste Dumas. Piria iniziò a lavorare sulla salicina ottenendo l’idruro di salicile, una soluzione allora

sconosciuta e in seguito, aderendo alla teoria dei tipi, l’acido acetilsalicilico prima cristallizzato e poi come soluzione acquosa. Nel 1899, la sostanza fu registrata dalla Bayer, allora piccola fabbrica specializzata in coloranti e farmaci, e presto divenne nota in tutto il mondo con il marchio “Aspirina”, rappresentando una delle tappe fondamentali nella storia della terapia medica. Tornò a Napoli e scrisse  il “Trattato Elementare di chimica organica” e sposando nel 1841 la cugina Eloisa Cosenz. Nel 1842 fu chiamato a ricoprire la cattedra di chimica a La Normale di Pisa. Qui con mezzi limitati, dato che come ebbe a dire lo stesso scienziato «in Italia, ove gli uomini dotti erano considerati come demagoghi, e quindi come sovvertitori dell’ordine sociale, la scienza non solo era ostacolata, ma in alcune regioni spenta» completò le indagini sulla salicina e iniziò quelle sull’asparagina. Notevoli le ricerche sull’acido aspartico che trasformò in acido malico offrendo un metodo per passare dagli amminoacidi agli ossiacidi. Questa importante reazione, è nota ancora oggi come “reazione di Piria”. Partecipò da patriota alla prima guerra di indipendenza nel 1848! Lo zio però lo diseredò e a Pisa col fisico Carlo Matteucci,  fondò il “Nuovo Cimento”, la prima rivista scientifica in Italia, trasferendosi nel 1859 all’università di Torino e ricevendo la nomina di membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Qui convinse l’amico Cavour a lottare per l’unificazione all’Italia del regno borbonico. Piria non dimenticò mai la Calabria,così su incarico di Cavour, dopo lo sbarco di Garibaldi tornò a Scilla con il compito di organizzare il plebiscito di adesione all’Italia della Calabria, avvenuto il quale rientrò a Napoli dove fu prima ministro della Pubblica Istruzione e poi nel 1862 nominato senatore a vita. Morì a Torino a soli 51 anni. Era il 18 luglio 1865. Tutto il mondo scientifico pianse la sua morte e lo stesso Dumas dichiarò all’Académie Francaise che la scomparsa di Raffaele Piria era «un lutto per la scienza, una perdita irreparabile per l’Italia e per i chimici francesi». Allo scienziato che ha dato lustro alla sua terra e a tutto il paese, è dedicato anche l’omonimo istituto sul lungomare di Reggio Calabria, dove è conservato tuttora nell’aula magna un busto marmoreo a firma dello scultore Rocco Larussa.

 


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