Garibaldi a Cosenza
di Maria Lombardo
“Chi
mai degnamente
narrar potrebbe l'ingresso del Dittatore in questa Città? Ci
contenteremo perciò di pochi cenni e diremo soltanto che la nostra
provincia non fu seconda a nessun'altra nel festeggiare l'arrivo
dell'Uomo straordinario, il cui cammino non fu che un continuo
trionfo. Da Rogliano a Cosenza percorse dieci miglia tra un popolo
numeroso che da paesetti e villaggi era disceso sulla via per
contemplare un istante l'aspetto del nostro Liberatore. Il giorno 31
agosto resterà nei nostri cuori perennemente scolpito quando verso
un'ora di giorno, lo vedemmo giungere e come torrente sentimmo
traboccarci la gioia d'ogni parte”. (Il
Monitore Bruzio, Giornale Uffiziale della Calabria Citeriore, 1860).
Portato
in braccio nel Palazzo del Governo, parlò dal balcone al popolo che
nella piazza sottostante manifestava una gioia incontenibile. I
cosentini, così come i calabresi in genere, afflitti da una povertà
secolare e perciò desiderosi di terre, avevano riposto le loro
speranze in Garibaldi. Fu
in questa situazione di crisi sociale, economica e politica che si
inserì l'arrivo di Garibaldi in Calabria: se tra le classi sociali
meno abbienti dilagava il malcontento causato dalla questione silana,
da quella relativa ai beni ecclesiastici e dai pesanti dazi, tra la
borghesia, invece, detentrice del potere amministrativo nelle
province e nei comuni, si inseguiva la speranza della dissoluzione
del regno borbonico per reimpadronirsi delle proprietà requisite dal
commissario Barletta con il decreto del 1854.
Scene
di fanatismo si verificavano al suo passaggio, alcuni si
inginocchiavano, altri gli baciavano le vesti. Grande era la speranza
dei contadini per un cambiamento generale delle loro condizioni di
vita, che il nuovo governo, forse, avrebbe potuto apportare.
A
Cosenza nacque un Comitato Centrale che avrebbe dovuto promuovere
l'insurrezione anche con il coinvolgimento dei rappresentanti del
regime borbonico. Donato Morelli era sicuro che Garibaldi avrebbe
dato un forte impulso al processo di unificazione italiana, ma anche
lui e la sua famiglia come i Barracco, i Berlingieri, i Compagna, i
Gallucci, i Guzzolini, i Lucifero erano usurpatori di terre demaniali
silane. Ricordiamo a chi non
conoscesse i fatti di Rogliano che
Garibaldi emanò i famosi Decreti con cui ridusse il prezzo del sale,
indispensabile per conservare gli alimenti e di difficile
reperimento; abolì la tassa sul macinato per le granaglie, ad
eccezione del frumento. Deliberò soprattutto che gli abitanti poveri
di Cosenza e dei Casali potessero esercitare gli usi civici di
pascolo e semina gratuitamente nelle terre demaniali della Sila. Era
questo il provvedimento tanto atteso dai contadini.
Il
primo settembre visitò con la divisione Bixio e con molti cosentini
il Vallone di Rovito, luogo dell'esecuzione dei fratelli Bandiera e
dei loro compagni. Ancora Il Monitore Bruzio: “Era
ben giusto versar lagrime pe' Martiri della nostra redenzione. Fu
aperta la cassa di ferro che conteneva le ossa di que' trapassati, si
spiegò la loro bandiera. La divisione Bixio e gran parte del popolo
recati al luogo dove fu consumato il misfatto, udirono le commoventi
parole del Generale. E fino il sesso gentile prese parte
all'universale commozione... Sì Donne Calabresi, voi ben meritate la
stima delle altre sorelle italiane, per le quali ora sta per
compiersi il vaticinio del gran poeta Recanatese: Così l'eterna Roma
in duri ozii sepolta femmineo fato avviva un'altra volta”.
Donato Morelli da lui stesso nominato Governatore della Provincia il 5 settembre 1860, abolì quelle disposizioni.Cinque giorni dopo l'emanazione, infatti, lo stesso Morelli, appartenente al ceto dei possidenti, ridusse le zone concesse ai contadini per esercitare i diritti di pascolo e di semina e stabilì che questo esercizio non poteva impedire ai proprietari di far valere le proprie ragioni. I contadini rimasero nella loro storica miseria nonostante i tentativi di ribellione che si susseguirono Quello che aveva promesso l’Eroe dei due Mondi era andato in fumo, come va in fumo il tabacco di una pipa.
Cosicché da quell’episodio, gli artigiani calabresi intagliatori di pipe, effigiarono sulla parte anteriore delle pipe stesse il volto di Garibaldi, perché quello che lui aveva promesso ERA ANDATO IN FUMO, proprio come il contenuto della pipa.
vedi:
Francesca Canino, 31 agosto 1860, Garibaldi arriva a Cosenza, Cronaca di un’impresa.
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