"U panìculu i Santu Nicola":le interviste fatte alla buon anima di mia nonna Maria
"In alcuni luoghi della Calabria, a cavallo tra il 5 e
il 6 dicembre, c'era l'usanza di rinnovare la benedizione degli animali e dei
raccolti per intercessione di San Nicola di Bari, uno tra i Santi più venerati
di sempre al Sud Italia.Mia nonna raccontava che la sera del 5 dicembre si
metteva a bollire in un tegame di terracotta (la comunissima
"pignata") un buon quantitativo di granturco ("u panìculu"
), rigorosamente essiccato al sole di agosto e messo in ammollo almeno 2/3 giorni
prima. La procedura di ebollizione durava non meno di 4 ore, per via dei suoi
lunghi tempi di cottura, e a seconda dell'annata non era escluso che la cottura
si potesse protrarre fino a notte fonda.L'indomani mattina il mistero cristiano
si era già compiuto con la ricorrenza della festa di San Nicola. Una piccola
dose di granturco, che nel frattempo si era raffreddato ed aveva formato una
patina gelatinosa al di sopra di sé ("u panìculu avìa quajjatu"),
veniva dato un pasto agli animali, così da infondere loro una sorta di
protezione divina dalle malattie; il rimanente veniva consumato durante il
pranzo quotidiano, con la speranza di avere in dono da San Nicola la forza per
poter continuare a lavorare la terra anche nell'anno seguente per rinnovare i raccolti
dei cereali.È piacevole sapere che ancora oggi in molti luoghi, soprattutto
dell'entroterra, dove la coltivazione del granturco è ancora in voga, questa
tradizione viene riproposta ogni anno con la stessa credenza popolare".
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