Giuseppe Raffaelli l’avvocato di Catanzaro in Calabria che fece abolire a Ferdinando IV di Borbone il reato di Maleficium.


di Maria Lombardo



La storia di Cecilia Faragò fece breccia nel cuore di Giuseppe Raffaelli giovane avvocato di Catanzaro che leggendo le memorie della sua assistita riuscì a farla assolvere perchè innocente ed inoltre annullò prove fittizie sostenendo che il suo era un sapere “folkloristico”. Fu un vero successo che carpì l’attenzione del Re Ferdinando IV e del primo ministro Tanucci ad abolire il reato di “Maleficium” nel suo Regno. Un successo tutto targato Calabria Ultra e di cui si parlò a lungo. Nel 1770 acquisì una certa notorietà per aver difeso la causa di Cecilia Faragò di Soveria Simeri, accusata di stregoneria, nel giudizio d’appello davanti alla Gran Corte della Vicaria (Difesa di Cecilia Faragò inquisita di fattucchieria, Napoli 1771).  Detto questo andiamo a scoprire la figura di questo calabrese dimenticato e che emancipò un Re  ottuso e vetusto. Raffaelli nasce a Catanzaro nel 1750 e perì a Napoli nel 1826 fu discepolo di Antonio Genovesi e di Basilio Puoti. Alla carriera di giurista unì anche quella umanistica  e si impegnò a seguire le lezioni di anatomia del prof. Domenico Cotugno. Nel 1799 partecipò alla Repubblica Napoletana ed aveva presieduto il Tribunale di Stato e venne mandato in esilio al ritorno del Borbone ed i suoi beni confiscati. In esilio in Lombardia divenne prof.di Diritto pubblico occupando il posto di Cesare Beccaria. Programma del corso affidatogli era istruire i giovinetti «a conoscer le Leggi sopra i delitti, e le pene, e con esse le gelose maniere, ond’elle si pongano in opera, vale a dire la istituzione in quella parte della Scienza del Diritto, che decide della libertà civile, dell’onore, della vita degli Uomini» (p. V). Tornò a Napoli solo quando i Borbone scapparono a Palermo, Giuseppe Bonaparte gli affidò grandi funzioni! A Raffaelli si deve anche una traduzione del codice civile napoleonico da estendere al Regno di Napoli, alla quale però fu preferita quella realizzata a Milano perché giudicata più fedele al testo originale. Come segno di apprezzamento per l’attività svolta fu nominato, nel 1808, cavaliere del Reale Ordine delle Due Sicilie. Istituita nel 1808 la Corte di cassazione di Napoli, egli fu il primo a ricoprire in essa le funzioni di procuratore generale.Sottolineò, inoltre, la necessità di avere delle leggi chiare, precise e utili che non destassero equivoci o interpretazioni oscure; secondo Raffaelli la suprema magistratura era, dunque, delegata a intervenire in caso di lacuna normativa esercitando, talvolta, un potere di sorveglianza e censura sopra gli organi del potere giudiziario. Tornati i Borbone sultrono non epurarono l’avvocato Catanzarese anzi venne inserito  dal re Ferdinando di Borbone nella Commissione consultiva temporanea e poi designato vicepresidente del Consiglio delle grazie. In seguito, nel 1815, in considerazione della sua autorevolezza di giurista e delle specifiche competenze in materia criminale, fu chiamato a far parte della commissione incaricata per la compilazione di un completo corpo di diritto patrio nella sezione deputata alla compilazione del codice penale e di procedura penale. Nel 1817 fu nominato consigliere soprannumerario della Corte suprema di giustizia. Contrariato da tale nomina, da lui ritenuta inferiore rispetto alle cariche precedentemente ricoperte e comunque ai meriti acquisiti, rinunciò a questa e a ogni altra funzione pubblica ritirandosi a vita privata nella sua villa di Capodimonte. Qui scrisse la Nomotesia penale, un trattato di diritto penale del quale riuscì a pubblicare, tra il 1820 e il 1826, solo cinque volumi riguardanti la Paranomia (I-II), la Prevenzione (III) e le Pene (IV-V).
Anche negli ultimi anni della sua vita esercitò con zelo e passione l’attività forense. Morì a Napoli il 26 febbraio 1826.

P. Arena, Giuseppe Raffaelli nel rinnovamento del diritto criminale, Tip. Nappa, Aversa 1926.
M. Casaburi, La fattucchiera Cecilia Faragò. L'ultimo processo di stregoneria e l'appassionata memoria difensiva di Giuseppe Raffaelli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996.
B. Croce, Uomini e cose della Vecchia Italia, s. II, Laterza, Bari 1927.
E. Dezza, Il codice di procedura penale del Regno Italico (1807), Cedam, Padova 1983.
R. Feola, Dall'Illuminismo alla Restaurazione. Donato Tommasi e la legislazione delle Sicilie, Jovene, Napoli 1977.
G. Raffaelli, Nomotesia penale, 5 voll., Tip. Cataneo, Napoli 1820-1826.


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