Elena Aiello, la mistica calabrese che sfidò il Duce per conto di Dio


 

di Maria Lombardo 

Alle ore 15 dell’11 dicembre ’41, dal balcone di Palazzo Venezia, con un discorso di pochissimi minuti, Mussolini dichiarò guerra agli USA. Le sue parole infuocate cariche di retorica avevano suggellato una serie di atti scellerati! «Le potenze del Patto di acciaio, l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista, sempre più strettamente unite, scendono oggi a lato dell’eroico Giappone contro gli Stati Uniti d’America», così il Duce urla. Quattro giorni prima, il 7 dicembre, le forze aeronavali giapponesi avevano attaccato la flotta Usa, a Pearl Harbor, Hawaii, aprendo il conflitto con Washington nel Pacifico. È stata, dunque, solo e soltanto la scelta di Hitler e Mussolini, a suggellare  il destino finale di una guerra che ha causato disastri inauditi e mietuto milioni di vittime, riuscendo a far uscire sconfitta l’umanità stessa. Così è stato. Eppure, l’11 dicembre del ’41, Mussolini mostrava ancora entusiasmo nel trascinare l’Italia contro l’ennesimo ultimo nemico. Per concludere con trasudante e triste retorica: «Italiani e italiane, ancora una volta in piedi siate degni di questa grande ora. Vinceremo!». Peccato che pochi giorni dopo, un incerto Mussolini chiese al giornalista e scrittore Giovanni Ansaldo cosa pensasse del suo intervento. In effetti, le ragioni della disfatta sono tutte da ricercare nell’assoluta disparità di forze rispetto all’esercito USA. Dio però continuava ad avere per l’Italia piani di misericordia, se è vero che mandò a Mussolini suor Elena Aiello come sua “ambasciatrice di pace”. Una prima missiva la suorina calabrese la farà arrivare alla sorella del Duce, Edvige, una lettera sconvolgente fin dalla sua premessa: «Io non volevo scrivere, ma ieri, 22, il Signore mi è apparso di nuovo imponendomi di farvi sapere quanto segue..». Questo il passaggio-chiave della missiva letta da Mussolini pochi giorni dopo: «All’Italia, perché sede del mio Vicario, ho mandato Benito Mussolini, per salvarla dall’abisso verso il quale si era avviata, altrimenti sarebbe arrivata in condizioni peggiori della Russia. In tanti pericoli l’ho sempre salvato; adesso deve mantenere l’Italia fuori della guerra, perché l’Italia è civile ed è la sede del mio Vicario in terra. Se farà questo avrà favori straordinari e farò inchinare ogni altra Nazione al suo cospetto. Egli invece ha deciso di dichiarare la guerra, ma sappia che se non la impedirà, sarà punito dalla mia Giustizia!». «Tutto questo mi ha detto il Signore. Non crediate, o Duce, che io mi occupi di politica. Io sono una povera Suora dedicata all’educazione di Piccole abbandonate e prego tanto per la vostra salvezza e per la salvezza della nostra Patria». Dopo tre anni suor Elena Aiello scrive di nuovo a Donna Edvige il 15 maggio ’43.  « Ah!… se il Duce avesse dato ascolto alle parole di Gesù, l’Italia non si sarebbe trovata ora in così triste condizione! Ora vi ripeto le stesse parole: se il Duce non salverà l’Italia rimettendosi a quanto dirà e farà il Santo Padre, presto cadrà; anche Bruno, dal cielo, chiede al padre la salvezza dell’Italia e di lui stesso». Bruno era l’amatissimo terzogenito di Mussolini, morto nell’agosto del ’41, a soli ventitrè anni. La beata Aiello però conclude: «Cara Donna Edvige, riflettete bene come tutto ciò che ha detto il Signore si sia perfettamente avverato. Chi è che ha causato tanta rovina all’Italia? Non è stato forse il Duce per non avere ascoltato le parole di nostro Signore Gesù Cristo? Ora potrà ancora rimediare facendo quanto vuole il Signore. Io non mancherò di pregare». Mussolini ancora una volta non fece nulla.

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