Cava romana di Parghelia (VV): merita una sosta

Crediti foto: amedit.me
 

di Maria Lombardo


Tra le numerose cave storiche di epoca Romana, è degna di nota una cava di granito, finora poco conosciuta e studiata, ubicata nelle vicinanze di Parghelia (VV), lungo la costa tirrenica della Calabria. La cava si trova nel promontorio di Capo Vaticano, non lontana da un altro sito estrattivo dell’antichità, e cioè quello della città di Nicotera, in cui si estraeva una varietà di granito nota con il termine “sale e pepe” ; sull’esistenza del sito aveva già speculato l’archeologo Paolo Orsi nel 1926, tuttavia questo venne scoperto soltanto nella seconda metà degli anni ’80 e studiato più recentemente. Probabilmente entrambi i siti – Parghelia e Nicotera – vennero abbandonati in seguito a un terremoto che nel 369 d.C. distrusse la città di Nicotera, come riporta Orosio nel suo Historiarum adversus paganos. Attenzione se volete approfondire sulla cava di Nicotera e sulla città in epoca romana troverete nel blog un pezzo specifico. Torniamo però a Parghelia e al suo marmo!La cava di Parghelia venne dimenticata; tuttavia questa, facilmente accessibile, si trova a ridosso del meraviglioso litorale vicino allo scoglio della Pizzuta, non lontano da Tropea; nel 2011 è stata dichiarata dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali “importante sito archeologico d’Italia”. Allo stesso tempo, la tipologia di granito estratto ha permesso di ottenere informazioni preziose sulle tecniche estrattive, il commercio e la diffusione di tali materiali nell’antichità. La varietà di granito estratta in corrispondenza della cava e delle zone circostanti è caratterizzata da un colore rosato e dalla presenza di grossi cristalli di feldspati dal colore chiaro, anche centimetrici: queste caratteristiche lo rendono unico tra i graniti conosciuti nell’antichità dell’area mediterranea. In corrispondenza della cava, che si estende ai piedi di una falesia fino a una quota di circa 40m s.l.m.,  è ancora possibile trovare blocchi a forma di parallelepipedo così come colonne abbandonate, secondo l’usanza dei Romani di lavorare parzialmente il materiale estratto in loco e sulle navi, in modo da portare a destinazione un manufatto quasi finito. In effetti, in prossimità della costa, gli archeologi subacquei hanno recentemente trovato resti sommersi di colonne e di navi. Osservando il sito si notano tracce evidenti di attività estrattiva, come dimostrano i tagli regolari e le fessure all’interno delle quali venivano inseriti i cunei di legno bagnato per favorire il distacco di blocchi integri. Al “Parco del Cavallo” del non lontano sito archeologico di Sibari, si trovano diverse colonne realizzate con una varietà di granito la cui provenienza, fino al rinvenimento della cava di Parghelia, era ignota. Un altro mistero che non trovava risposta e che è stato svelato riguarda la provenienza di un tipo di granito con grossi cristalli impiegato in manufatti di epoca romana nella città di Siracusa, che è stato quindi identificato come “granito di Parghelia”, permettendo così di tracciare nuove rotte commerciali. I turisti ignari che oggi visitano Capo Vaticano e nuotano lungo questo tratto di costa apprezzandone la bellezza naturalistica, non sanno che in realtà la falesia racchiude una storia millenaria in cui echeggia ancora il rumore dei martelli che percuotono la roccia, mentre poco lontano l’immaginazione ci porta verso il continuo andirivieni delle navi che, immagazzinato il prezioso carico, salpavano dal vicino porto di Tropea per raggiungere le città più importanti e ricche dell’Impero Romano.

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