9 AGOSTO 1860: A San Lorenzo d’Aspromonte il popolo aiuta Garibaldi a sostare in Calabria


 

di Maria Lombardo 


E ‘nt’ ‘e muntagn…chi vardanu ‘u mari Sona lu tamburu e ‘a vuci grida forti:
D’undi vinniru i patri a li marini “Genti, vi faci ‘u sinducu sapiri,
già ccummenzunu i figghj ad arrivari: chi oggi pi lu Barbuni è gh jornu i morti;
cammisci rrussi di garibaldini. Cadutu esti ‘u so rregnu i milli. mali,E ‘ ‘nt’ ‘e muntagni si senti gridari, Populu i San Lorenzo, tu à ubbidiri
a ‘mmenz ‘castagnari e li zappini a Vittoriu e a lu randi Ginirali”.
n’ ‘a vuci chi li lacrmi fa sciucari: ( Dai “Sonetti Garibaldini” di Giovanni De Nava, sul peirodico
“O gènti, su spizzati li catini” “Fata Morgana” del 23 Agosto 1920)

 

 9 agosto 1860 una data poco menzionata  poco conosciuta ai cultori e agli studiosi, ma l'archivio di San Lorenzo D'Aspromonte racconta fatti che vanno divulgati. Sebbene vengo a conoscenza di questo tassello mancante attraverso il testo di Saverio Zuccalà edito da La Ruffa editore di Reggio Calabria con titolo “San Lorenzo sull'Aspromonte e l'unità d'Italia: 1860, come l'eroismo di un popolo consentì lo sbarco di Garibaldi a Melito Porto Salvo “, tuttavia attraverso le pagine del libro la storia si tinge di colori inusuali. Gli episodi più significativi riguardano lo sbarco in Calabria delle “cammise rosse” ed il ruolo positivo, giocato da Bruno Rossi Sindaco di San Lorenzo e dai suoi cittadini, per detto sbarco. Senza il cui provvidenziale aiuto la storia risorgimentale Calabrese avrebbe preso altri e più difficili percorsi. E' noto attraverso il Memoriale del Rossi che convocato a prestare giuramento dal Bolani, dovette accettare l'incarico malgrado avrebbe voluto rifiutare soffocando i suoi ideali dichiaratamente antiborbonici, massone e perciò “fratello” del biondo chiamato così il Garibaldi, di rendersi disponibile per trattare con le Giubbe rosse al primo segnale. All'alba del 9 agosto del 1860, Garibaldi alla testa del suo esercito stipato su dei natanti affidati dalla Corona Sabauda salpa nei pressi di Taormina verso le coste calabresi con lo scopo di svolgere il suo sbarco. Nei pressi di Altafiumara stanziava un imponente bastione borbonico che pattugliava le acque dello Stretto, mentre il forte ben protetto era sotto la guida di 1500 soldati di Francesco II che stavano attendendo di ingrossarsi con il sopraggiungere di altri Borbonici. Lo sbarco fallì miseramente in quanto il Nizzardo non solo non fece i conti con il voltafaccia di una pedina che non lo introdusse nel forte ma soprattutto perché i soldati Duosiciliani aprirono un ingente fuoco che spaventò i Garibaldini facendoli indietreggiare verso il porto Messinese. Mentre si svolgeva la carica borbonica 200 soldati Garibaldini riescono a scendere ad Altafiumara, di gran lena salgono sull'Aspromonte senza cibo ne armi. Non esiste dubbio che la situazione era ormai insostenibile malgrado 200 liberali reggini che si unirono al manipolo delle giubbe rosse allo sbando sulle alture aspromontane. Nei giorni  a seguito dopo lo sbarco, i Garibaldini ricevono la visita di Rossi il quale propone di ospitarli nel suo Comune provvedendo al loro sostentamento e mettendo a disposizione non solo il palazzo comunale ma 500 tomoli di grano e animali vari. Conducendo i garibaldini attraverso impervie montagne, e fitte boscaglie non estranee alla gente del posto attenti a non entrare in contatto con i Borbonici all'inseguimento. San Lorenzo D'Aspromonte diviene non solo salvezza per le camicie rosse ma avamposto di osservazione per i liberali, situato nella parte Jonica si pone di fronte il braccio di mare proprio di fronte Taormina luogo dove il Nizzardo si rifugiò dopo il fallimento all'alba del 9 agosto. Il dado ormai era tratto, e questa situazione coronò l'Impresa dei Mille nelle Calabrie. Memori che avrebbero potuto subire una repressione i Garibaldini accettano la proposta e si dirigono scortati dal Sindaco liberale a San Lorenzo, dove il popolo li attende con giubilo sfamando e festeggiando gli uomini del Generalissimo che si trovava ancora in Sicilia. Restava solo una cosa da fare per evitare deferenze “tagliare i ponti con lo Stato dei Borbone” cita Zuccalà ed in men che non si dica decide di far cadere il Governo di Francesco II e di nominare la Dittatura di Garibaldi”. Inoltre mentre a San Lorenzo si sceglievano le sorti Calabresi il Rossi invia un messo a Messina nella persona di Domenico Cuzzocrea  al cospetto del Nizzardo il quale lo informa del cambio repentino di casacca del Rossi e dei nuovi risvolti “proponendo al Generalissimo lo sbarco tra San Lorenzo e Melito Porto Salvo “ non curandosi più della presenza del bastione di Altafiumara. Tuttavia anche Alberto Mario cronista dei Mille nel libro “ La Camicia Rossa” dice a proposito dell'arrivo a San Lorenzo:” alla destra ergersi un colle a pan di zucchero sulla sua sommità sembra che esulti il paese di San Lorenzo”. Tranquillizzato il Garibaldi che in Calabria le cose sarebbero andate bene, lo informa dell'aiuto del parroco di Bagadali un certo Giuseppe Pannuti che avrebbe aizzato i fedeli a non muover dito con un capillare lavaggio del cervello. Il Nizzardo accellerò a questo punto lo sbarco definitivo il 19 agosto temendo una feroce repressione sui lauretini che avrebbe decretato  fallimento dopo quel 9 agosto 1860. La scelta definitiva cadde su Rumbolo dove avvenne lo sbarco nelle Calabrie la resistenza fu Borbonica fu accesa grazie alle navi Aquila e Fulminante che fecero arenare il Torino su cui erano stipati i Nizzardi, ma lo sbarco si compì ugualmente facendo puntare il nemico rosso al cuore delle Due Sicilie.


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