Il culto dei morti nel Crotonese oggi siamo a Casabona



 di Maria Lombardo


Il due novembre, chi aveva avuto un lutto in famiglia, preparava “a cucina du prigatoru”, tagliatelle fatte in casa e ceci (troverete la ricetta nel blog Lagane e ceci). Se ne cucinava in abbondanza e veniva data a chiunque ne facesse richiesta. E così, davanti a queste case, si potevano e si possono ancora vedere, code di gente in attesa con una pentola in mano. Sempre nello stesso periodo e con la stessa motivazione, venivano e vengono preparati “i sette piatti”, pasta al sugo con carne. Mentre, in qualsiasi periodo dell’anno, quando viene impastato il pane si preparano “sette pitte” da regalare per l’anima dei propri morti. Un aneddoto racconta che una donna, recatasi al cimitero il giorno dei morti - in quanto solo in quel giorno veniva aperto - per piangere come tradizione sulla tomba del marito - chiese al custode in quale punto del terreno fosse sepolto il marito. Il custode le indicò il luogo e lei, buttata sopra la tomba, si disperò, pianse, si diede morsi, si strappò i capelli. Una volta terminato tutto ciò si ricompose ed uscì. A questo punto il custode esclamò: “Ah.....! finalmente qualcuno ha pianto anche per “zu Giuvanni ‘u cicoriaru”. Insomma cari lettori questo è un rito comune in Calabria ma con sfumature diverse da paese a paese.

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