Don Francesco Nicola De Mattheis viene inviato da Napoli alla Calabria Citra per pacificare la provincia dopo i moti del 1820


 di Maria Lombardo

Non sono in molti, anche in Calabria, a conoscere la storia del giudice De Mattheis. Una situazione davvero Kafkiana!Dopo la violentissima repressione dei moti liberali del 1820-21 venne spedito in Calabria l’aristocratico Don Francesco Nicola De Mattheis, in veste di responsabile per la giustizia della Calabria Citra.Dopo alcuni mesi impiegati a guardarsi attorno e cercare di capire quella “strana gente”, il suo destino, ed il suo operato, si incrociarono con quelli di un losco figuro della zona di S. Mango, tal Giovambattista de’ Gattis, un “galantuomo” in cerca di vendette per non essere riuscito, alcuni anni prima, ad impadronirsi letteralmente del suo paese d’origine, grazie alla coalizione dell’intera cittadinanza che riuscì a sventare in tempo le sue mire delinquenziali. Nei pressi di Dipignano scoppia una sparatoria fra la Guardia Civica e due ricercati per motivi politici, De Mattheis e De Gattis, ed alcuni altri accoliti della stessa pasta, imbastistirono una mirabolante storia circa il prossimo avverarsi di una sollevazione generale della Calabria Citra ad opera di una fantomatica organizzazione carbonara, denominata “Setta dei Cavalieri Tebani o de’ Cavalieri Europei Riformati”. Ecco che per rendere il fatto serio assoldano Michele Orlando, un delinquente alla macchia ricercato per vari reati in provincia di Catanzaro e dimorante in quella di Cosenza appunto per sfuggire l’arresto: promessogli la remissione totale delle accuse, un lauto compenso ed un impiego fisso, ne ottennero un elenco di “settari” sia cosentini che catanzaresi, in parte gravati di qualche lieve precedente politico, in parte totalmente estranei a qualunque attività illegale. De Mattheis convinse persino il Re a tal punto che si fece dare una speciale delega per estendere l’attività investigativa anche in Calabria Ultra II allegando vistosi verbali di dettagliate confessioni. Ottenendo le confessioni con metodi molto borbonici! Il De Matheis si era insediato a Rogliano in casa dei Morelli, (facoltosi possidenti un cui figlio sarebbe stato, certo non a caso, poi fra i protagonisti assoluti della trionfale marcia di Garibaldi in Calabria) stabilendovi un quartier generale, con tanto di segrete in cui accadeva di tutto e di carcerieri sanguinari, al cui confronto impallidiva il ricordo delle torture della Santa Inquisizione.La padrona di casa, nello scoprire quanto succedeva, subì un mortale attacco cardiaco, ed uno dei figli perse la ragione. Ci fu un processo farsa intentato contro 17 persone, che portò, infine, alla condanna a morte di Luigi De Pascale, Giacinto De Iesse e Francesco Monaco, tutti possidenti, a pesantissime e lunghissime condanne ai ferri per altre 10 dieci persone ed all’assoluzione per sole 4: il tutto con la connivenza del Procuratore Generale del Re presso la Gran Corte Criminale di Catanzaro, D. Raffaele D’Alessandro, nel frattempo “arruolato” dal De Mattheis nella gloriosa armata dei liberatori dalla feccia liberale. Le “Conclusioni pronunziate innanzi alla Corte Suprema di Giustizia dall’Avvocato Generale presso la stessa Suprema Corte, Giuseppe Celentano, nella causa di D. Francesco Nicola De Mattheis, D. Raffaele D’Alessandro, D. Giovambattista de’ Gattis ed altri” (Napoli, Tipografia della Suprema Corte di Giustizia, 1830). Condannato dalla Corona perchè scoperto a 10 anni di carcere ebbe la grazia dopo 5 anni e riabilitato candidato dal Re al ruolo di Giudice della Gran Corte Suprema a Napoli, e si rese necessaria una vera e propria sollevazione dell’intero corpo dei togati per impedire un tale scempio!

Michele Orlando, messo alle strette, tentò di legarsi al nuovo carro, promettendo di raccontare tutta la verità sulla macchinazione e sugli altri potenti cosentini che avevano concorso a metterla in atto, ma fu assassinato la mattina appresso, e l’autore dell’omicidio non fu mai scoperto. Certo bisogna ringraziare gli amici dell'Indygesto per queste chicche.


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