A Savelli nella Sila Crotonese si vive una Domenica delle Palme sui generis: Fronde dei morti.



di Maria Lombardo



A Savelli nel cuore della Sila succede da secoli una situazione “sui generis” dopo la benedizione delle Palme che si svolge come in ogni borgo calabrese con giubilo ed ilarità, tra grida festanti di bambini che corrono per il paese con palme e rami di ulivo. Una festa che non è rintracciabile in nessun altro luogo e fino agli anni ’50 era molto frequentata dai cittadini de paesi vicini. I forestieri portavano fronde di palme ornate con arance o fazzoletti di seta che lasciavano poi al cimitero di Savelli. Subito dopo la benedizione che avviene in una piazza gremita di gente come se si volesse dar vita ad un rito diverso, i cittadini di Savelli si mettono in fila per recarsi prima al Calvario Vecchio oggi al cimitero. Tutto si svolge in assoluto silenzio, la gente è cupa entra nel cimitero e si reca alla tomba  dei propri defunti. Per loro quello è anche un giorno di lutto!  E’ il giorno in cui commemorano il terribile sisma della vigilia delle Palme del 1638. Tra il Reventino e il Lametino, si registrano 30.000 morti su una popolazione che sicuramente non raggiungeva le 500.000 unità. Il terremoto che raggiunse l’undicesimo grado MRG provocò il crollo quasi totale delle costruzioni in muratura nell’area tra Lamezia e la Valle del Crati, con epicentro individuabile tra Conflenti e Scigliano, dove morirono 753 persone su una popolazione totale di circa 5125. Dai paesi distrutti, in un periodo di grande mobilità della popolazione, le persone cercano siti più sicuri. Gruppi di persone provenienti da Scigliano e da Carpanzano (popolazione maschile) attraversano la Sila e raggiungono il paesino di Scalazaporri, di appena 30 abitanti, che diventano ben presto 335 e il paesino prende il nome di Savelli. Questo rito di andare al cimitero di Savelli la mattina della Domenica delle Palme assomiglia in tutto e per tutto a quello che succede durante la Commemorazione dei Defunti. Preghiere ed anche lamenti si levano sulle tombe dei cari. Scene che le donne calabresi “recitano” accorate sulle tombe di figli o mariti. Un rito che si rinnova ogni anno da secoli quasi con le stesse modalità, un rito gentile e devoto che va ricordato e conosciuto perché rispecchia il sentimento dei calabresi.

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