Santi di Calabria: Sant’Elia Lo Speleota


 di Maria Lombardo

Così chiamato per distinguerlo dall’omonimo profeta e da S. Elia Juniore, nacque a Reggio Calabria nel 863 da ricchi genitori, Pietro e Leonzia. Quando era bambino, Elia fu spinto a terra da un compagno di giochi e cadendo si fratturò una mano, un medico sprovveduto gli legò la mano ferita così forte che gli caddero le dita, per cui fu chiamato monochiro “con una sola mano”.All’età di diciotto anni, la madre Leonzia gli propose di sposare una nobile giovinetta e di metter su famiglia. Elia, però, rifiutò la proposta e fuggì di casa andando prima a Taormina di Sicilia, a far penitenza, e poi si diresse in pellegrinaggio a Roma. Qui, nelle vicinanze della città eterna, prese l’abito monastico di S. Basilio Magno (forse nell’abbazia di Grottaferrata). Tornato a Reggio Calabria, Elia fuggì di nuovo a causa delle invasioni Saracene, stavolta a Patrasso in Oriente col famoso monaco Arsenio. Ritornato in Calabria dalla Grecia dopo otto lunghi anni, Sant’Elia Speleota, insieme ai monaci Cosma e Vitale, si ritirò a condurre vita di penitenza nella grotta di Melicuccà. Una notte Elia ebbe una premonizione che lo spinse ad aprire un cenobio, infatti sognò uno sciame d’api che gli girava intorno, senza però pungerlo, tanto che lui decise di raccoglierle tutte in un calice che sistemò in un orto. Alcune di quelle api però gli rimasero attaccate alla barba, segno che non volevano andare via. Sant’Elia capì così che era volontà di Dio che lui restasse lì e aprisse in quelle caverne un monastero. Il calice è l’allegoria della grotta e le api la moltitudine di monaci e di fedeli che da esso vengono attratti (Careri attesta che nel 1757 S. Elia era considerato Patrono di Melicuccà e ciò è confermato dallo stemma municipale con calice e sciame di api, che è certo ispirato a questo episodio). Anche il monaco Cosma ebbe in sogno la visione di tutte le grotte abitate da monaci con in mezzo Elia "come fulgida stella" e comprese che l’asceterio era destinato da Dio a trasformarsi in cenobio. Infatti, ben presto, gli abitanti dei paesi vicini, attratti dalla sua fama di santità, venivano qui a visitarlo, ascoltarlo, a ricevere da lui conforto e incoraggiamento. L’11 settembre del 960, quando aveva già 97 anni, Elia morì dopo ben 71 anni di vita eremitica. Fu sepolto nel sepolcro che lui stesso aveva scavato nella grotta con le sue mani. Lì, il suo corpo rimase sepolto fino al 2 agosto 1747 quando furono scoperte le sue ossa. In quell’occasione, come attesta l’atto pubblico rogato dal notaio Fantoni Carmelo il 12 agosto di quell’anno, Antonio Germanò, giovane di Melicuccà gravemente ammalato, alla sola vista dello scheletro di Sant’Elia guarì istantaneamente, aggiungendo un ulteriore miracolo da accreditare al Santo italo-greco. Sant’Elia Speleota è con San Nilo di Rossano uno dei più importanti rappresentanti del monachesimo bizantino in Italia. Sant’Elia viene festeggiato l’11 settembre e la Chiesa Orientale gli ha conferito il titolo di “Sole d’Occidente”.





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