La Tegola di Pellaro, al Museo Nazionale di Reggio Calabria.


 di Maria Lombardo 

Fu rinvenuta nel 1975 presso Pellaro, a 10 km da Reggio,sulla costa ionica. Si tratta di un documento epigrafico straordinario ed unico: reca incise dopo la cottura una serie d'iscrizioni in un greco latinizzato al disotto ed a destra di una grande iscrizione centrale la cui lettura, con la relativa traduzione, è chiara: " (tomba) di Clemente, schiavo di Alfio Primione". Si tratta quindi di una povera, semplice epigrafe destinata a segnare la tomba di uno schiavo bilingue, come indica il nome grecizzato. Ma quello che rende del tutto particolare l'epigrafe è la lunga iscrizione sottostante, anch'essa graffita sulla tegola: parlano due amici del defunto, Anthos di Reggio e il vasaio Ermeros, anch'essi schiavi, e lo salutano, al vocativo: "Addio, testa di rapa, tu che pretendi la libertà, scostumato, cattivo fomaciaio, primogenito mal comprato! Tegola (che parla) a mo' di Esopo". Gli stessi concetti sembra siano ripetuti nella scritta, più piccola, sulla destra, ma qui solo due termini sono chiari: "primogenito e mal comprato", con un'amara considerazione finale: "Infatti è così". Da parte degli editori, si è sempre ritenuto che si trattasse di frasi scherzose scritte sulla tomba dagli amici Anthos e Ermeros; questo perché si tratta di una "tegola parlante come una favola di Esopo", come dagli stessi amici. I due compagni in realtà vollero salutare affettuosamente il defunto, finalmente libero per sempre, con il duro ricordo degli appellativi con cui il povero Clemente, probabilmente di salute malferma, era trattato in vita dal loro padrone della fornace, Alfio Primione. Ed il richiamo ad Esopo non può che esser allusivo alle analogie fra bestie ed uomini nelle sue favole. La tegola si data alla seconda metà del III sec. a.C.


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