Le donne calabresi impegnate nella Resistenza



 di Maria Lombardo 


Così, è assolutamente meno nota la storia di donne calabresi partigiane impegnate nelle Resistenza, ma si sa anche il perché. Alle donne partigiane piemontesi, nel dopo guerra, fu vietato loro di sfilare dopo la Liberazione poiché il PCI voleva apparire come una forza politica credibile. Ciò successe anche in altre realtà italiane. Tante le città in cui i capi brigata suggerirono alle donne di non sfilare oppure di farlo nel ruolo di crocerossina.

I numeri ufficiali parlano di 4.653 donne arrestate, torturate, condannate; 2.750 deportate nei campi di concentramento tedeschi e 623 fucilate o morte in combattimento. Le donne partigiane calabresi erano casalinghe, operaie, insegnanti. Tra l’altro, alcune di loro erano giovanissime, ma purtroppo nonostante oggi sia facile reperire informazioni nel web, di loro non si conosce quasi nulla. Il loro apporto nell’opporsi al nazi fascismo è praticamente perso nell’oblio. Cecilia, Angiolina, Nina, Beba, questi sono alcuni dei nomi di battaglia di ragazze e donne calabresi che, in un futuro dell’Italia, di nuovo marcato al maschile, ritornarono al silenzio per rioccupare un ruolo in famiglia visto che, per tradizione, i luoghi di lavoro e i poteri decisionali, erano rioccupati dagli uomini.“Alcune storie magnifiche sono venute alla luce grazie anche all’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea (ICSAIC) e all’ANPI che cercano meritoriamente di stimolare la ricerca, lo studio, di tenere accesa l’attenzione su una vicenda che man mano riserva sempre nuove sorprese. Anna Cinanni, di Gerace, sorella di Paolo, subì ripetute sevizie in carcere, Caterina Tallarico di Marcedusa, sorella del più noto comandante partigiano “Frico” che appena laureata in medicina salì in montagna e cominciò a ricoprire il ruolo di medico nella brigata del fratello Federico e la cui opera venne esercitata non solo verso i partigiani feriti e bisognosi di cure, ma anche nei confronti di tedeschi e fascisti che venivano fatti prigionieri. Giuseppina Russo di Roccaforte del Greco una delle Api furibonde dell’omonimo libro. Anna Condò di Reggio Calabria. E poi tante altre donne di cui conosciamo meno: Cosco Lucia (Catanzaro); Lucio Alba (Crotone); Lucio Assunta (Crotone); Di Tocco Maria (Vibo Valentia); Oneglia Antonietta (Catanzaro); Carpino Maria (Colosimi), Fadel  Giacomina (Cosenza); Arcidiaco Domenica (San Lorenzo); Bazzani Gazagne Margherita (Sant’Ilario dello Ionio); Pontoriero Anna, Giulia e Tina (Rosarno); Torello Maria (Reggio Calabria); Panuccio Maria (Sant’Eufemia d’Aspromonte); Gangemi Concetta (Palmi); Pata Franceschina (Mileto); Pata Angela (Mileto); Di Tocco Bice (Reggio Calabria); Ranieri Isolina (San Giorgio Morgeto); Forte Carinda (Saracena); Montanari Carmelina (Siderno); Iaconetti Maria (Carolei); Barone Maria (Vibo Valentia); Vuorinna Giovanna (Rossano Calabro)”

Il ricordo spetta a chi continua a vivere. E di questi tempi vanno ricordate e riscoperte.

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