Pagine importanti e dimenticate del Risorgimento calabrese si svolsero in questa Regione; il primo moto risorgimentale.


 di Maria Lombardo 


Non avvenne in Piemonte, ma in Calabria. Certo e che in pochi studiosi ne parlano tranne me che la storia locale la studio sul serio. Certo è ancora l’apporto (anche a livello di vite umane) dato alla causa dell’unità d’Italia da molti meridionali, calabresi e siciliani. Il primo moto del Risorgimento italiano non avvenne nel 1820-21, ma 10 anni prima. E partiamo da un uomo che già nel 1811, cinquant’anni prima dell’Unità d’Italia, coltivava il sogno di un governo costituzionale e di una nazione libera dallo straniero. Quest’uomo si chiamava Vincenzo Federici, ma tutti lo conoscevano con l’appellativo di “Capobianco”, il soprannome datogli dai suoi compaesani perché ancora ventenne aveva tutti i capelli bianchi. Nato nel 1772 ad Altilia, piccolo centro della provincia cosentina, nel 1799 fu uno dei fautori della Repubblica Partenopea in Calabria e 12 anni dopo promotore, con il nipote, il medico Gabriele De Gotti, della prima vendita carbonara del Mezzogiorno. Nel 1813  Federici capeggiò la rivolta contro i francesi in nome della Costituzione e della libertà. Tradito da uno dei suoi seguaci, fu catturato e giustiziato il 26 settembre 1813 a Cosenza. La sua morte diede il via al sollevamento dei carbonari abruzzesi, cui via via fecero seguito le rivolte che portarono poi all’Italia unita. Il suo contributo per la Patria venne proprio dimenticato un uomo però che andò fiero al patibolo in nome della libertà. Una storia che affascinò i suoi contemporanei, anche all’estero: Alexandre Dumas ne parlò nella sua storia dei Borbone di Napoli, Mary Shelley (la scrittrice di Frankenstein) gli dedicò un capitolo del libro “A zonzo per la Germania e per l’Italia”, Giovanni Verga s’ispirò a lui quando scrisse il suo primo romanzo (I carbonari della montagna).

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