La devozione e la festa per Sant’Antonio da Padova a Nicastro ( CZ)



di Maria Lombardo



Il mese di giugno è considerato anche per i calabresi il mese dedicato a SantAntonio da Padova. Lo sanno bene i Lametini popolo molto devono al Santo Padovano! Sant’Antonio fu proclamato Patrono di Nicastro con un Diploma del Re Carlo di Borbone, nel 1746. Inoltre il legame col Padovano risale al 1600 quando un terribile tremuoto rase al suolo la città salvando solo il Convento di SantAntonio. In giro però per i borghi di Calabria si pratica la devozione al Santo con Novena e processione ma i riti più belli sono quelli praticati e che si praticavano a Nicastro. Si inizia con la  «Tredicina», la cittadinanza si reca copiosa al Santuario tra cori e cuori speranzosi chiedendo grazie e praticando i sacramenti a Ntonarellu. Il Santo è raffigurato come un giovane bello e dolcissimo che ha legato da secoli Nicastro al suo culto. Certo in passato il culto era più radicato cè chi ancora ricorda  ‘a nuttata da passare in preghiera sotto la statua del santo. Un misto tra sacro e profano in quella notte i canti dei frati si mescolavano ai canti laici fuori dalla Chiesa. Alle giovinette o alle mogli col marito fuori era vietato partecipare le malelingue il motivo, quindi, veniva fatta dalle anziane, la bellezza di questevento stava anche nelle bancarelle si riusciva a togliere qualche sfizio dolciastro. I balconi e le finestre poi illuminate dalle candele che rischiaravano leffige del Santo fino a raggiungere il numero 13. Corso Numistrano veniva vestito a festa e una folla festante lo calcava per il giro delle bancarelle. Attenzione questanno il Corso rimarrà sgombro dalle bancarelle.E il tredici giugno, gran festa: la consegna del cero votivo da parte del Sindaco per rinnovargli la devozione di tutta la città  avviene il 12, e la benedizione del bue infiocchettato, per ringraziarlo del buon raccolto e per auspicarne un altro abbondante. Il 13 come detto in calce messa solenne. Poi la gran processione questanno si svolgerà giorno 14: ore e ore per le vie della Città salmodiando e qualcuno tra la folla a osannare: Viva Sant’Antonio du gijjiu. Un lungo giro fino a notte fonda per poi riportare la statua al colle. Un tempo però la processione non si svolgeva come oggi, si portava la statua nelle campagne per benedire e prendere lobolo.  I portantini inoltre venivano rifocillati strada facendo con vino e salame.La festa finiva con tredici botti finali come da tradizione infine il botto conclusivo che doveva essere secco e potente, tale da scuotere i vetri delle case.


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